Trasformismo, transfughismo e nuovi gruppi parlamentari

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

© RIPRODUZIONE RISERVATA

pino_gulla.jpgQuesta volta l’articolo per la redazione online integra il pezzo inviato con largo anticipo e già pubblicato nell’edizione cartacea. L’argomento è identico, riguarda transfughismo e individualismo, comportamenti in continuo aumento nel Parlamento italiano; hanno raggiunto livelli  tali da essere aggiornati senza interruzione. L’ultimo transfuga, in ordine di tempo, è Denis Verdini, uno dei protagonisti  del cosiddetto “Patto del Nazareno”, l’accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi su riforme istituzionali e legge elettorale successivamente interrotto dal Cavaliere. Il senatore, invece, ha intenzione di continuare il dialogo riformatore precedentemente intrapreso con Renzi e, per questo motivo, ha lasciato Forza Italia, fondando “Alleanza liberalpopolare per le  autonomie”. Come ha dichiarato, vuole portare a termine riforme costituzionali e legge elettorale insieme al Pd, pur marcando la distinzione dal partito di  Renzi. I parlamentari che hanno aderito alla formazione politica di Verdini hanno massima libertà di decidere. Per alcuni commentatori politici il nuovo gruppo potrebbe diventare una sponda utile al Pd, soprattutto a Palazzo Madama, considerate le continue fibrillazioni tra maggioranza e minoranza di governo.
Altri berlusconiani, Sandro Bondi e Manuela Repetti, un tempo fedelissimi del Cavaliere, sono approdati al gruppo misto, in attesa di collocazione. Nell’attuale legislatura, la XVII iniziata nel 2013, i cambi di casacca non si contano. Paolo Bonaiuti, portavoce di Berlusconi, è passato  nel Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano, a sua volta  ministro dell’Interno nei governi Letta e Renzi, in passato ministro della giustizia del governo Berlusconi. Dal versante opposto è giunta notizia che  a breve nascerà una nuova formazione politica di sinistra  per opera di Sergio Cofferati, Giuseppe Civati e Stefano Fassina, fuoriusciti dal Pd.  E sui nomi ci fermiamo qui, non vogliamo farne un lungo elenco. Sono sufficienti i parlamentari citati conosciuti pure dal grande pubblico televisivo. Non abbiamo proprio voglia di mettere all’indice deputati e senatori che hanno cambiato schieramento o hanno abbandonato il partito di provenienza. Nonostante la scarsa lealtà dei suddetti nei confronti del partito di appartenenza, non c’è niente di incostituzionale. Secondo l’art. 67 della Carta “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato”. Il fenomeno va al di là delle iniziative individuali. A nostro avviso potrebbe incidere sulla tenuta democratica dei partiti e del Parlamento. Il problema è politico.
Registriamo la scomparsa di  Scelta civica, le espulsioni nel Movimento 5 Stelle e i parlamentari di Sel confluiti nel Pd. Il panorama parlamentare è mutato rispetto al 2013. E’ un Parlamento liquido. Il trasformismo dilaga. Se continua con questa velocità, sarà un problema fare politica progettuale e programmatica. Piccolo cabotaggio, clientelismo, scambio di voti con favori prenderanno il sopravvento. I partiti saranno sempre a rischio a causa delle fragilità e delle turbolenze interne. Il riscontro lo vediamo in Forza Italia. Quello che un tempo era il partito personale, il partito-azienda, coeso sul leader perde pezzi in continuazione. Non è esente da problematiche il Pd, la cui minoranza non ci sta al decisionismo renziano. Se non ricordiamo male, anche Il giovane Movimento 5 Stelle, tra espulsioni e abbandoni, ha perso 18 deputati e 17 senatori. E non dimentichiamoci dello scontro (nella trascorsa tornata elettorale) tra Luca Zaia, governatore del Veneto, e Flavio Tosi, sindaco di Verona, risolto da  Matteo Salvini,  segretario della Lega Nord, a modo suo (espulsione di Tosi dal partito). Certo è che non si può restare in tali condizioni. L’individualismo diffuso tra i parlamentari è evidente. In una situazione del genere  si potrebbero indebolire Parlamento e partiti, a tutto vantaggio dei leader vincenti. Il sistema politico sarebbe squilibrato: partiti deboli, Parlamento fragile, premier forte del consenso popolare ed elettorale. Per evitare le derive plebiscitarie, al premier forte devono corrispondere  Parlamento forte e contrappesi istituzionali in grado di garantire  democrazia.
                                                                                                         

© RIPRODUZIONE RISERVATA