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C’è la crisi dei sentimenti, delle emozioni, del lavoro e del rispetto tra esseri umani o dicasi tali. Non per questo non devo parlare dell’avvicinarsi del Santo Natale e delle conseguenze che ha portato questa crisi. E perché no, anche dei suoi lati positivi. Una minore presunzione economica da parte dei ceti alti che hanno e toccano con mano il termine sacrificio, non avendo mai fatto a meno, finora dei loro lussi e superlussi. Questo in parte ha decretato una maggiore presa di coscienza verso le famiglie bisognose e anche l’aumento purtroppo troppo vertiginoso dei centri della Caritas. E in questo doloroso periodo storico ,le famiglie fanno fatica a credere che le loro offerte arrivino ai bisognosi e non nella ricostruzione dei superattici romani dei signori dai vestiti color porpora. Quindi è una crisi economica e della chiesa e si risente, soprattutto nelle province.
E solo chi è fortemente motivato continua a credere. Ma in Dio. Non nel prossimo. Coloro che hanno la fede non si fermano davanti ai libri che svelano i segreti delle stanze del Vaticano. Dicevo, è un periodo di crisi che vede la mancanza ormai da anni, di regali. E se all’inizio era considerato un enorme sacrificio, ora è una triste abitudine, purtroppo. Una crisi che vede le persone diventare più crudeli una verso l’altra, vede sempre di più i professionisti disperati alla ricerca di nuove forme di guadagno. E’ venuto a mancare il senso di solidarietà tra cittadini.
Si sono scoperti i personaggi corretti in forma mentis e vitae e le persone subdole che si nascondevano da decenni con le buone maniere. Ma se bussavi alla porta del contenuto, la loro, era vuota. E ora lo è ancora di più. E’ come vedere una nave che affonda. I buoni salvano i bambini e le donne. I cattivi solo loro stessi. E così è stato questo periodo storico che è maggiormente evidenziato nelle piccole città di provincia. Per il resto ci sono e ci saranno sempre i vizi del paese e della città. E basta. I pregi si raccontano o si vivono nei racconti. Ma non esistono. Non vanno di moda. E’ tutto ormai un pullulare di antropocentrismo patologico. E’ tutta una condizione di opportunismo, di interesse e di sopravvivenza sulle spalle del prossimo. L’importante è che tutto questo passi, ma ancor di più che io non conosca mai il termine sacrificio perché...deve esistere solo con e sul prossimo. E’ l’unico momento in cui si diventa altruisti…
Di lavarsi la coscienza per ogni errore e di aspettare che sia sempre l’altro a chiamare per gli auguri o per chiedere scusa. “ Io Non lo devo fare per prima”. E’ il leit motiv dei signori dell’arroganza e della presunzione del secolo. E se gli togli questo cosa rimane. Che anche loro vivono la crisi…col naso all’insù...magari pesa meno...per loro.