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Ci sono molte analogie tra la Lamezia di questa prima parte del terzo millennio e la città alla vigilia della Grande Guerra. L'edizione de “La Nuova Stampa” dell'8 luglio 1914 titolava “Il fosco avvenire di Nicastro”. Il quadro era abbastanza chiaro: le grandi opere al centro del dibattito politico rendevano sempre più marginale il ruolo della città nel contesto regionale. Il progetto della linea ferroviaria montana che da Rogliano giungeva a Catanzaro era destinato – secondo il giornale locale – a far perdere la storica attrattività commerciale della città, già minata dal sempre più modesto ruolo dell'approdo di Sant'Eufemia Marina (nel 1913 si registrava un movimento di merci di appena 57 tonnellate fino a giungere, da lì a poco, alla sospensione della fermata locale sulla linea di piroscafi Napoli-Messina). Improponibile – soprattutto per ragioni tecniche – era l'ipotesi di una linea ferroviaria Soveria Mannelli-Nicastro, proposta da Nicola Nicotera nel tentativo di ridare equilibrio al sistema infrastrutturale in corso di realizzazione nella regione.
Un'idea che, per molti versi, oggi corre solo sulle ruote del vuoto delle parole, nel disperato tentativo di far credere possibile il recupero della dignità urbana perduta, “viaggiando” in maniera sconnessa sull'idea di una linea metropolitana leggera balbettante – sulle giunture dei binari – il vecchio tracciato della ferrovia istmica, peraltro senza alcuna soluzione per una funzionale connessione con la città del lavoro e dei servizi. La Regione che percorre idee diametralmente opposte ha annunciato altri progetti e nuovi slogans: collegare la direttissima Catanzaro-Lamezia addirittura con il trasferimento della stazione ferroviaria di Sant'Eufemia in una fantasiosa connessione con l'aerostazione. Idea ingegnosa quanto incredibile come il people mover, per la cui realizzazione il biglietto per ogni singolo passeggero dovrebbe costare più di un vagone.
Altri parallelismi. Nel contesto storico della vigilia della Grande Guerra, si sviluppa un movimento migratorio oltre Oceano da parte di donne e bambini di Nicastro e Sambiase con l'obiettivo di raggiungere i capifamiglia e ricomporre i nuclei familiari originari. Significativo era il ruolo, elogiato dalle autorità locali, del Patronato emigranti “Italica Gens” che si occupava, tra l'altro, anche di regolare i turni di imbarco presso le Agenzie di navigazione.
Oggi avviene un movimento migratorio verso l'interno, che se da una parte frantuma la struttura delle famiglie dall'altra tende a riempire il vuoto locale di bambini e giovani. Questa guerra delle sostituzioni, che caratterizza gli ultimi anni – con veri e propri bombardamenti umani –, è condotta in maniera silente, senza l'odore acre della polvere da sparo: da un lato i giovani locali (soprattutto “manodopera” intellettuale) che si spostano oltre i confini regionali e dall'altra il vuoto demografico riempito progressivamente da giovani extracomunitari che stanno generando la Lamezia di domani in collaborazione con la sempre più consistente popolazione di etnia rom, che già pensa alle proprie “manifestazioni di interesse” per ridisegnare la nuova città. I riflessi urbanistici del futuro prossimo sono preannunciati e significativamente sintetizzati da una nuova chiesa-moschea al centro della città, simbolo dell'avvenire sul modello – a ruoli invertiti – degli eventi del 1914. Tutto nella totale distrazione della grande vitalità che pervade la città, come alla vigilia della Grande Guerra.