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Il punto da cui ripartire per la sinistra deve essere la presa d'atto dell'errore nella valutazione ottimistica degli effetti della globalizzazione sull'economia e sulla società e il recupero del suo ruolo fondamentale nella politica.
Parole e musica di Massimo D’Alema; sì, sì…proprio lui, il tanto vituperato baffino, al quale però la testa funziona ancora, al contrario di tanti suoi compagni di partito e non solo di loro in verità. Domani, 28 gennaio, riunirà a Roma i Comitati del No per trasformarli nei comitati per un nuovo centrosinistra.
Sull’ultimo numero della rivista, Italianieuropei, D’Alema prende di petto, infatti, il nodo dei nodi: non c’è governo – soprattutto se per governo si intende la guida di un processo di trasformazione sociale – che possa prescindere dalla partecipazione consapevole della maggioranza dei cittadini e dal contributo attivo dei corpi intermedi della società. Il rischio è una sinistra ridimensionata e subalterna. E senza una sinistra capace di essere una vera alternativa alle politiche dominanti in Europa, il rischio vero è il diffondersi di "illusioni regressive", spiega D'Alema, come "la fuoriuscita dall'euro o la rinazionalizzazione delle politiche economiche" Ecco perché occorrono una svolta politica e il coraggio di rompere con il conformismo e l’eccesso di prudenza e gradualità che hanno finora caratterizzato l’azione del socialismo europeo, pena il rischio di una deriva irrimediabile, soprattutto se investirà paesi chiave come l’Italia e la Francia. Ciò che occorre è mettere in campo un programma effettivamente radicale di cambiamento delle politiche europee e, in prospettiva, degli stessi assetti istituzionali. Una visione europea che sia anche la guida per concrete politiche nazionali. Una spinta, in questo senso, viene ormai - ricorda l’ex Premier - da tanta parte del pensiero economico, da Joseph Stiglitz a Paul Krugman, da Mariana Mazzucato a Thomas Piketty, al nostro Salvatore Biasco. Ma ancora non si traduce in un coerente e coraggioso programma politico. Ma il punto di fondo è che alla sinistra occorre un programma che riparta da alcuni pilastri chiari. Innanzitutto la politica, cioè lo Stato e le istituzioni, devono riappropriarsi della sovranità fiscale e tributaria. La rendita finanziaria ma anche i profitti delle grandi società multinazionali sono toccati solo marginalmente dalla fiscalità. Pagano esclusivamente il lavoro e le pmi.