Un noioso week end in Calabria: “Qui non c’è proprio niente!”

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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 francesco-bevilacqua-foto-blog-nuova_80da1_19973_ea258_59f1c_e96f0_cec4f_df014_db513_eb6b5_f8fb1_2c83a_da5cd_ac61d-1_c49d8_8a9fc_0ddc4_dbb45_3e055_c8aac_3902e_9b8e8_82be7_7dcc5_55d19_1497a_40b91_feee3_9e95e_59ada_e1ecc_4__c21ef.jpgVenerdì sera: strafatto. Per il lavoro, ma anche per il “cretinocene” che avanza come nuova era dell’evoluzione umana. Tardo pomeriggio in studio: cincischio sul pc in preda ad una svogliatezza suprema. Ho idea di uscire per una camminata veloce nel centro storico. Per riconquistare la corporeità mortificata, nei cinque giorni precedenti, dalle ansie del pensiero. Indugio. Sto per chiudere e tornare a casa vinto dalla noia. Invece mi scuoto, con un conato di volontà. Mi cambio ed esco nell’aria frizzante della sera. Sono vestito come uno spaventapasseri, con vecchie cose stropicciate e bisunte. Avverto la mia eccentricità rispetto alla gente normale, che rientra per cena o staziona nei bar. Procedo rapido. Il cuore batte sempre più forte. I muscoli si scaldano. I piedi dolgono, come è giusto che sia dopo tanti anni di usura. Ma basta un po’ di sangue e calore e il dolore si placa. M’infilo fra i vichi del centro storico. Disturbo questo mondo alternativo, lento, silenzioso, anti-moderno, che mi somiglia tanto. Salita ripida. Luci calde, case in pietra, con gli usci sprangati. Ideali per una vita semi-eremitica. Ecco la Chiesa della Veterana ed il Castello Normanno. Una mezzora di cammino veloce vale un elettrocardiogramma da sforzo. Ed è gratis. In più, in caso di infarto, è altamente probabile che la vita finisca lì, senza strascichi noiosi, allettamenti, badanti, rimbambimento, rotture per familiari e parenti. Scendo per un’altra via. Rientro a casa. Doccia, pigiama, cena. Il corpo, scaricato dell’ansia, impone al pensiero di tacere. Al mattino presto scrivo e leggo per qualche ora. Alle 10 la cefalea del sabato incombe minacciosa, puntuale. Alle 11 sono in piscina. Tre quarti d’ora di nuoto libero. Doccia, mi rivesto.

Quando salgo in macchina mi viene voglia di un’altra acqua. Ore 12,30 sono a Caronte, immerso nella pozza termale. Mi rotolo piano nell’acqua calda come un cucciolo d’uomo nel sacco amniotico. Muscoli e tendini ringraziano. La pressione arteriosa si abbassa. Poco prima di svenire esco ad asciugarmi. Alzo gli occhi in segno di ringraziamento alle fronde dei salici che salutano sull’azzurro prezioso del cielo. Rientro all’Anello di Querce e pranzo: fagiolini ed uova dell’orto-pollaio dei miei cognati. Pennica pomeridiana. Mi sveglio con nostalgia: quindici minuti d’auto e mi ritrovo in mare. Sono una Lontra, che nuota a pancia in su, guardando il Monte Mancuso, in lontananza, con i suoi pini, i suoi faggi. Ritorno in tempo per la messa di don Leonardo nella chiesa settecentesca di S. Maria Maggiore. Due signori festeggiano i cinquant’anni di matrimonio. Mi commuovo un po’. A casa per la cena del sabato, sempre uguale il giorno prima delle escursioni in montagna. A nanna alle 21,30 e sveglia alle 4,30 per fare colazione, vestirmi e passare a prendere i miei amici alle 6,30. Destinazione Lago Arvo. Alle 9 siamo in cammino verso I Giganti di Lorica, Serra Magnaudo, Marinella di Coppo. Sosta per rifocillarci alle 13,30 “sub tegmine fagi”, come direbbe Virgilio. Riprendiamo il cammino: Serra di Coppo, Serra di Mola con dinanzi la valle del Lago Arvo. Un pastore sonnecchia disteso nell’arida prateria con le vacche scampananti intorno. “Chiudistivu a sepala?” (avete chiuso il cancello?), domanda. Certo, chiudiamo sempre i cancelli. Non faremo certo scappare le vacche. Sulla strada asfaltata, la sequela di macchine di chi torna dalla spanzata domenicale: “quelli che, direbbe Iannacci, in Calabria non c’è niente”. Ci guardano dagli abitacoli dei loro SUV con commiserazione. Anche se qui non c’è niente, adoro questi fine settimana a costo quasi zero: rigorosamente per anormali, disadattati, gente da manicomio come me.

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