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Al di là delle chiacchiere propagandistiche dell’ultimo decreto governativo sulla Calabria, la sanità in Italia fotografa un solo dato, anzi due, che fanno davvero paura e di cui dovrebbe occuparsi per davvero la ministra Grillo. 1) L’analisi dell’Osservatorio nazionale sulla Salute nelle Regioni italiane evidenzia il tema delle diseguaglianze della salute sul territorio nazionale, a distanza di anni dall’istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Cioè si affronta il grande tema dell’aspettativa di vita, che indica la prospettiva di sopravvivenza per una persona nata in un determinato anno e in uno specifico paese, o determinata macroarea. L’aspettativa di vita è basata su un calcolo statistico effettuato su una popolazione prendendo in considerazione il sistema sanitario, gli indicatori di mortalità, il titolo di studio (vedremo dopo quanto questo dato sia è importante), il sesso, gli stili di vita ed altri parametri meno importanti.Orbene: la dinamica della sopravvivenza tra il 2015 ed il 2016 dimostra che nove regioni italiane rimangono al di sotto della media nazionale e Campania, Calabria e Sicilia hanno peggiorato la loro posizione.
Altri dati: a Milano si vive più a lungo che nelle altre province lombarde (nonostante l’inquinamento atmosferico), mentre nelle province di Napoli e Caserta la speranza di vita è la più bassa in assoluto e la mortalità degli adulti tra i 30 e i 70 anni è quasi fuori dai grafici sull’Italia, di un quarto superiore alle medie. Forse qualcosa avrà in comune con questi dati la mafia dei rifiuti e l’interramento nei suoli di sostanze tossiche! Mail caso più evidente sull’aggravamento di queste faglie è dato dallo scarto tra la Calabria e la provincia di Trento, dal 2005 in poi (qui il dato è fornito dall’Università Cattolica di Roma sulla base di dati Istat). In poco più di un decennio, infatti, i calabresi hanno visto aggravarsi di un anno e mezzo il loro divario sui trentini. Ovviamente sia in Calabria che nel Trentino la vita media si è allungata in quel decennio 2005-2016 ma per chi nasce a Trento la crescita è stata di due anni e mezzo mentre in Calabria poco più di un anno. Le regioni dove la speranza di vita cresce più in fretta solo quelle, in generale, del Nordest ma al di là del dato geografico quel che più colpisce sono le differenze di ceto o titolo di studio. E qui veniamo al problema.
2) La differenza di longevità media è, infatti, impressionante tra chi ha al massimo la licenza elementare e chi ha almeno un diploma delle scuole superiori: parliamo di ben 5 anni a favore dei secondi. La pubblicazione di un vasto tomo (reperibile sulla rete) ‘’Atlante italiano delle diseguaglianze di mortalita’ per livello di istruzione’’ apre scenari inquietanti. I maschi meno istruiti hanno una probabilita’ di morire superiore del 35 per cento rispetto a quelli più istruiti (il dato cala al 24 per cento per le donne). Controllando i dati, già impressionanti in sè e in generale, per area geografica i residenti nel Mezzogiorno perdono un ulteriore anno di speranza di vita, essendo come è arcinoto il livello di scolarità e di istruzione più basso che nel resto del Paese. Con la cultura, dunque, non solo di mangia ma si vive bene e più a lungo e varrebbe ancor più la pena investire in educazione, scuola, ricerca, istruzione perché cittadini istruiti sono un investimento, per loro stessi e per tutti. Ma anche qui la differenza tra Sud e Nord è giunta ad un pericoloso livello di guardia. Se l’istruzione che al Nord è garantita e nel Sud assai meno entra nella storia del ciclo vitale di un individuo garantendo 2, 3 e 4 anni di più di vita significa solo una cosa: le disparità sono arrivate ormai a toccare la vita biologica stessa degli italiani, accentuando quelli di serie A e regredendo quelli di serie B. Altro che unità d’Italia!