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Da giorni, settimane, mesi tutti gli osservatori politici locali e nazionali si interrogano: il Partito Democratico esiste ancora? Non si sa infatti se ci sarà un congresso, se ci saranno le primarie; si susseguono solo i candidati alla segreteria del dopo Martina. Nomi dopo nomi ma mai una discussione per discutere della linea del partito e del suo stato a dir poco penoso. Aggravato ora dalla tre giorni della Leopolda e del ritorno al futuro renziano. Forse ci sarà un congresso prima delle elezioni europee del 2019, o forse dopo, ma il punto vero - e cioè l’identità di una forza politica nata dalla fusione tra ex comunisti, qualche cattolico più o meno democratico e qualche laico - resta sempre sullo sfondo. Caso più unico che raro nella storia dei partiti politici italiani (e non solo italiani) questo partito non si è infatti mai impegnato dopo la storica sconfitta del 4 marzo (che peraltro ne seguiva altre di non minore entità) in qualcosa che anche alla lontana potesse somigliare ad un’analisi del voto: cioè dove aveva perso, come, perché. In questa mancata risposta ci sta tutto il dramma politico del Pd, perché è ovvio che cambiano gli interlocutori e le scelte a seconda della risposta che si da’ a quel quesito.
Ora come ora siamo in ogni caso al partito doppio, che non riesce nemmeno a discutere. Forse hanno ragione coloro i quali sostengono che non si può tenere assieme chi fa il tifo per Corbyn e chi per Macron, ma altra verità incontestabile è che questo partito non esiste più da ben prima del 4 marzo 2018 e la mancanza di una vera discussione è dovuta al fatto che si tenta di evitare quel macigno preferendo navigare in un mare di mediocrità, quel 16-17 per cento in cui un’altrettanto mediocre classe dirigente tenta solo di salvare sé stessa. In Calabria si segue ovviamente questa deriva nazionale, e non poteva essere diversamente, in attesa di capire cosa si muove a Roma, al di là delle pessime battute autolesionistiche di Richetti o del marasma delle candidature per le Provinciali di Catanzaro e Vibo. Nulla di nuovo, cioè, sotto il sole. La verità, triste assai, e’ forse consegnata nelle parole dette da un vecchio saggio come Biagio de Giovanni, filosofo e storico esponente del Pci: sulle tre fasi umane del rincoglionimento gli viene chiesto a che punto e’ giunto il rincoglionimento della sinistra. ‘’Nella fase – dice – in cui lo sanno solo gli altri. La sinistra ha perso il senso dell’orientamento, la memoria e le capacità percettive. Ma non lo sa. Purtroppo’’.