Lamezia Terme - I bambini e le insegnanti della scuola situata nel quartiere Capizzaglie, appartenente all’Istituto comprensivo “Don Saverio Gatti” di Lamezia, frequentata prevalentemente da bambini rom, hanno lanciato un nuovo e accorato appello “affinché la scuola, che sta vivendo una lenta agonia, non venga chiusa definitivamente: un modo per sensibilizzare l’opinione pubblica e stimolare chi di dovere ad operare per il bene della scuola e di tutto il territorio” affermano. In particolare gli studenti e le insegnati hanno allestito, negli uffici della direzione didattica, una mostra grafico-pittorica e artistico-manuale dal titolo “Odio la differenziata”. Bambini e insegnanti uniti per difendere il diritto allo studio in un ambiente educativo-didattico realmente garante dei diritti fondamentali dell’inclusione e dell’integrazione scolastica e sociale. “Un accorato appello – affermano dalla scuola in una nota - alla cittadinanza e alle Istituzioni parte dalla scuola primaria “Francesca Mancuso” di Lamezia Terme affinché non diventi una ‘scuola ghetto’”. All’inaugurazione della mostra erano presenti la dirigente scolastica Anna Maria Rotella e diversi docenti e allievi in rappresentanza degli altri plessi dell’Istituto comprensivo “Don Saverio Gatti”.
Importante l’intervento dei bambini in occasione dell’inaugurazione della mostra: “tutto ciò che abbiamo creato e che vedete qui esposto è stato fatto con entusiasmo”. Le tecniche grafico-pittoriche utilizzate sono diverse: pittura a tempera, a legno, collage e ancora riproduzione di oggetti tridimensionali realizzati con la pasta, il das e quant’altro. “Siamo contenti del lavoro che abbiamo svolto - aggiungono i bambini - sotto la direzione delle nostre maestre”. Lo scopo di questa esposizione, scrivono ancora dall’istituto “è un semplice mezzo per attirare l’attenzione sulla nostra scuola, che lentamente sta morendo. Noi, non vogliamo essere scolari discriminati, esclusi e ghettizzati”.
“Un ringraziamento particolare – scrivono le insegnati - va alla Dirigente Scolastica, che ha appoggiato il nostro progetto, permettendoci di allestire la mostra nell’atrio degli uffici della direzione didattica, al fine di ottenere una maggiore visibilità”. “In un Paese democratico non è possibile creare delle scuole pubbliche in “scuole ghetto” – hanno affermato le insegnanti – la scuola classista è stata abolita diversi anni or sono, pertanto, non dovrebbero esistere le scuole degli italiani e le scuole degli immigrati e tanto meno le scuole dei rom. Le scuole ghetto, invece, avallano nelle famiglie la percezione dell’esistenza sul territorio di scuole di serie A e scuole di serie B e ciò spinge a una vera e propria “deportazione” di bambini, chi appartiene alla minoranza viene trasferito in altre istituzioni che garantiscono l’eterogeneità auspicata. La scuola ghetto, pur avendo docenti formati e personale scolastico all’altezza dei propri compiti, laboratori didattici ben attrezzati e un Piano triennale dell’offerta formativa rispondente alle reali esigenze del territorio in cui essa si trova ad essere inserita, agli occhi delle famiglie resta sempre e comunque un “ghetto” e paradossalmente mette in fuga anche i figli di chi, pur appartenendo alla classe di maggioranza degli iscritti, vuole godere di una reale integrazione scolastica e sociale”.
“Il nostro plesso – proseguono le insegnanti – da alcuni anni sta subendo l’esodo e adesso si è ridotto ai minimi termini, nonostante tante grida di protesta sono state sollevate per richiedere aiuto all’Amministrazione comunale, affinché si formasse una salda “rete protettiva” tra il Comune, le Istituzioni scolastiche e le associazioni educative presenti sul territorio lametino, purtroppo siamo stati lasciati soli a difendere i “sani principi dell’inclusione e dell’integrazione”, come un “Don Chisciotte che lotta contro i mulini a vento”. Il vento purtroppo ci sta spazzando via, ma noi continuiamo a resistere finché i numeri legali ce lo permetteranno e a fare del nostro meglio per dare visibilità a un plesso ormai quasi invisibile. Ecco il perché della nostra Mostra: essa non è fatta di opere straordinarie, ma di straordinario ha ‘l’ultimo guizzo di ordinario’ perché purtroppo la ritualità scolastica, che aiuta a crescere psicologicamente sani e a controllare pure le condotte più disturbate, nel nostro plesso sta venendo sempre meno”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA