Lamezia Terme – Due anni di lavoro sul campo, intenso e proiettato soprattutto a saldare il legame con i cittadini. Il colonello Sergio Molinari – alla guida del gruppo carabinieri Lamezia – traccia con il Lametino.it il bilancio della attività messa a segno insieme al maggiore Christian Bruscia, a capo della compagnia dell’Arma. Un bacino di quasi 150mila abitanti, un territorio che include oltre a Lamezia l’intero comprensorio dal Reventino al Tirreno: nel frattempo una pandemia, un impegno crescente sul fronte della lotta agli ecoreati, all’ordine pubblico e su tutto la priorità: il contrasto alla criminalità organizzata.
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Sono ormai trascorsi quasi due anni dal suo insediamento: un primo bilancio della vostra attività sul territorio?
“Le prime impressioni a volte contano e, quando mi insediai, mi resi conto di essere arrivato in un territorio complesso e impegnativo ed effettivamente tale si è rivelato per me e per tutti gli uomini dell’Arma ma anche per il cittadino. Impossibile non tenere conto della crisi pandemica, poco dopo il mio arrivo sono entrati in vigore una serie di provvedimenti restrittivi sul fronte della socialità e della mobilità sul territorio e questo ha inciso sul nostro modo di lavorare sul territorio. Abbiamo cercato di non interrompere quel link che caratterizza l’Arma dei carabinieri che è fortemente radicato: qui abbiamo 24 stazioni, tre compagnie. Il nostro modus è stare vicini al cittadino. Due anni difficili ma di risultati importanti”.
Fronte lotta alla criminalità organizzata: ci dà il polso della situazione nel Lametino? Quali le attività prevalenti? Quali le cosche più attive?
“L’ambito è endemico nella sua complessità: la Calabria spesso è conosciuta per la ‘ndrangheta anche se dovrebbe essere conosciuta per il territorio e i calabresi, che sono di grande valore. Le indagini che abbiamo compiuto, anche nell’ultimo periodo, sotto il coordinamento della Dda di Catanzaro ci dimostrano ancora una volta la resilienza della criminalità organizzata, non più un’organizzazione di fuoco ma imprenditoriale, tendono a infiltrare i propri interessi illegali con quelli delle pubbliche amministrazioni. L’attività di contrasto è imponente, alcune richiedono anni di lavoro come, ad esempio, l’operazione Alibante che ha richiesto tre anni di impegno ed è ancora in corso. Purtroppo non possiamo considerare il fenomeno né ridotto, né arginato: la nostra attenzione resta altissima”.
E cosa ci dice l’omicidio di qualche mese fa in piazza: sparatoria in pieno centro e per puro caso non finita in tragedia?
“Si tratta di un episodio molto grave, avvenuto in pieno centro e in un orario densamente popolato. La fortuna è stata la capacità di intervenire in pochissimi minuti, arginare la situazione e acquisire gli elementi necessari ad individuare gli autori. Forse in altri contesti, avrebbe generato tutt’altre reazioni, sebbene dal fronte istituzionale vi è stato un intervento immediato con un aumento delle attività di controllo sul territorio, e il rinforzo delle squadre d’intervento operativo del Reggimento Calabria applicate alle vie di ingresso e uscita dal centro delle città”.
Ordine pubblico, movida violenta: quali i pericoli reali e le azioni messe in campo?
“La percezione della movida violenta è in crescita, sebbene occorra considerare il fatto che siamo da poco usciti da una fase di grandi restrizioni e blocco della socialità, per cui il recupero della normalità ha segnato chiaramente anche un ritorno di attività criminali prima “sospese”. La situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica è gestito e gestibile, non intravedo alcuna anomalia. Non esistono, ad esempio, baby gang organizzate ma episodi singoli da attenzionare, a partire dal controllo dei pubblici esercizi, dalla vendita vietata di alcolici ai minori, al contrasto alla vendita di stupefacenti soprattutto attraverso un rapporto costante con la popolazione, partendo dai ragazzi. Un impegno che noi realizziamo ogni anno, con incontri finalizzati con le scuole della città”.
Passiamo a un argomento di stringente attualità: lotta agli ecoreati, tutela del mare e dell’ambiente.
“Tra le nostre funzioni vi è quella di polizia ambientale, ancor di più dopo l’accorpamento con il corpo forestale. La polizia ambientale è dunque uno dei driver operativi dell’Arma. Le operazioni Deep ci hanno consentito di intervenire in chiave repressiva e preventiva su inquinamento legato alla mala gestione delle acque reflue urbane e industriali. Depuratori e pompe di sollevamento sono state passate al setaccio e sono state mappate tutte le attività illegali sulla costa e sull’entroterra. Abbiamo riscontrato tante irregolarità e deficit infrastrutturali importanti, su molti aspetti è richiesto un impegno molteplice di forze di polizia e amministrazioni. Oltre a Deep, voglio ricordare anche “Quarta chiave”, che l’anno scorso ci ha consentito di intervenire sul traffico dei rifiuti e l’inquinamento a Scordovillo, dopo i roghi del luglio scorso. Qui la contaminazione del territorio è stata accertata e la bonifica appare urgente”.
Il vostro rapporto con la comunità locale e le sue istituzioni: prevale la collaborazione, riscontra resistenze e/o forme di reticenza?
“Sono convinto che la stragrande maggioranza dei calabresi sia sana ed esemplare. Vivo a Lamezia, mi sento un lametino acquisito. Ci sono ovviamente delle criticità, a volte retaggio di una storia pluriennale. Ora c’è una tendenza maggiore alla collaborazione e alla denuncia, ne è un esempio l’operazione Alibante nata dalla denuncia di un coraggioso imprenditore. Questa tendenza deve proseguire per un radicamento vero di una coscienza sociale”.
Infine, dal suo osservatorio privilegiato uno sguardo sulla città: pregi e difetti di Lamezia.
“L’elenco dei pregi è lungo, l’essenza del territorio è la grande potenzialità economica e logistica che le deriva dalla centralità, dalla dotazione di un aeroporto internazionale, di un’area industriale, di snodi ferroviari e viari. Ciò non è poco se si ragiona in termini di prospettive, aggiungendo le grandi qualità di una popolazione che ho imparato ad amare. Il difetto è che queste potenzialità non riescono ancora a sprigionare la loro forza espansiva, in termini di crescita collettiva e una migliore e diffusa qualità della vita”.
Giulia Veltri
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