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Papa Francesco il 21 marzo scorso, nella Giornata della Memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime di mafia, ha pregato per tutte le vittime innocenti. Ha lanciato strali decisi di condanna contro i malavitosi che in questo periodo tragico “sfruttano la pandemia e si arricchiscono con la corruzione”. Ha chiamato le mafie “strutture del peccato, contrarie al Vangelo, che scambiano la fede con l’idolatria”. Devozione fatta di gesti esteriori e di pseudo religiosità con lo scopo di legittimare il mafioso nella realtà in cui opera. Sulla stessa linea di Benedetto XVI che 10 anni fa, rivolgendosi ai giovani palermitani in piazza Politeama, così si espresse: “La mafia è strada della morte, incompatibile con il Vangelo”. E nello stesso percorso di Papa Wojtyla, San Giovanni Paolo II; nella Valle dei Templi ad Agrigento tuonò contro i mafiosi: “Convertitevi! Un giorno verrà il giudizio di Dio!”. Bergoglio li aveva scomunicati a Cassano considerandoli un antistato, andando oltre il problema giudiziario o di ordine sociale, ponendosi in un ambito politico-culturale e allineandosi accanto alle istituzioni laiche.
Le denunce di Papa Bergoglio nelle omelie e nelle encicliche trovano riscontro nell’ultimo libro di Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, Ossigeno illegale, edito l’anno scorso dalla Mondadori. Per quanto riguarda l’Italia gli autori riportano parte del documento, datato 23 aprile 2020, sul rischio di infiltrazione mafiosa nell’economia, voluto dal ministro Luciana Lamorgese e presieduto dal prefetto Vittorio Rizzi dell’Organismo permanente di monitoraggio e analisi sul rischio di infiltrazione mafiosa. A pagina 58: “Le famiglie in difficoltà, i lavoratori in nero e/o stagionali, che ora affrontano i problemi legati alla mancata realizzazione degli introiti, potrebbero, infatti, rappresentare un ulteriore bacino d’utenza per la malavita; i gruppi mafiosi potrebbero proporsi con attività assistenziali di sostegno utili a rafforzare il consenso sociale e ad arruolare nuova manovalanza a basso costo”. Nella stessa pagina e nella successiva alcune delle organizzazioni malavitose all’estero: “A Medellin [città della Colombia], già negli anni Ottanta, per esempio, Pablo Escobar, uno dei più ricchi e potenti narcotrafficanti del mondo, era considerato come un benefattore. Distribuiva case e risorse ai poveri, che lo adoravano come se fosse Robin Hood. (…) Durante il coronavirus, in Messico a disporre la consegna di pacchi ai poveri contenenti generi alimentari e altri prodotti essenziali è stata Alejandrina Guzman, la figlia di Joaquin Guzman Loera, detto El Chapo [trafficante di stupefacenti]. (…) Cibo, mascherine, acqua, riso, pane, carta igienica, saponi e disinfettanti sono stati consegnati alle comunità più colpite dalla pandemia anche da esponenti del cartello di Jalisco Nuova Generazione [organizzazione criminale messicana] a Guadalajara…”.
Nel paragrafo Conflitto e paura del primo capitolo di Fratelli tutti, al punto 28, il Papa mette in evidenza la capacità delle mafie di arrivare alle persone più deboli: “la solitudine, le paure e l’insicurezza di tante persone, che si sentono abbandonate dal sistema fanno sì che si vada creando un terreno fertile per le mafie. Queste si impongono presentandosi come protettrici dei dimenticati, spesso mediante vari tipi di aiuti, mentre perseguono i loro interessi criminali. C’è una pedagogia tipicamente mafiosa che, con un falso spirito comunitario, crea legami di dipendenza e di subordinazione dai quali è molto difficile liberarsi”. L’analisi di Bergoglio è identica a quella di Gratteri e Nicaso. Tre papi stranieri, Wojtyla, Benedetto XVI e Francesco I, hanno condannato in diverse occasioni le mafie in modo inequivocabile. Sono i papi dell’antimafia. Bergoglio è andato oltre; ha consegnato a fedeli e laici un’importante novità nella storia della Chiesa; ha fatto entrare la condanna nella enciclica. Almeno per quelle che sono le mie conoscenze. Google conferma. Spero di non sbagliare nell’affermare che è la prima volta nella storia della Chiesa.