Lamezia, dialogo di Pax Christi con Monsignor Savino sul messaggio del Papa per la 58esima Giornata Mondiale della Pace

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Lamezia Terme - Si è incentrato sul messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale della Pace 2025 l’incontro voluto presso la sala del seminario vescovile da Pax Christi in sinergia con Azione Cattolica, Masci del Lamezia Terme 2, Gruppo Agesci del Lamezia Terme 2, con la partecipazione di Monsignor Francesco Savino, vescovo di Cassano allo Ionio e vicepresidente della Conferenza Episcopale Italiana, che ha interloquito con le molte realtà sociali e religiose del territorio presenti. La Giornata, come ricordato da Nino Campisi di Pax Christi, fu introdotta da Paolo VI, celebrata per la prima volta il 1 gennaio 1968, e poi seguita negli anni dalla storica marcia, quest’anno partita da Pesaro. Nel 2025 Papa Francesco integra il suo messaggio per la pace con i temi del Giubileo, riassunti nel titolo della Giornata: “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”.

Una frase dai mille risvolti, chiariti da Monsignor Savino nel corso della sua relazione, incentrata sulla responsabilità personale di ognuno nel “costruire cammini di speranza che conducano alla pace”. Il discorso si apre con una riflessione “non politica, ma antropologica, sociale, culturale” in cui Savino mette in guardia dal banalizzare la pace, dal ridurla a slogan, dal ridurre il Giubileo a “una serie di celebrazioni” quando il suo significato è molto più profondo. “Nel Giubileo della Scrittura” spiega, “tutte le coltivazioni venivano sospese, per far riposare la terra, e venivano realmente annullati i debiti economici. Per questo Papa Francesco inserisce i temi della pace e del Giubileo nella preghiera del Padre Nostro. La pace non è solo assenza di conflitto, di odio, di armi, ma è questione di giustizia, di annullamento delle disuguaglianze, di perdono, di riequilibrio tra i popoli e le nazioni. Oggi le nostre democrazie corrono il rischio di diventare autocrazie, e occorre vigilare su sovranismi, populismi, forme degeneri di governo; stare attenti al ritorno del pensiero unico e dell’ideologia unica, che fa della propaganda e dei sistemi di comunicazione il proprio codice di imposizione. Qualcuno vuole renderci sudditi e non cittadini responsabili. Dopo la caduta del muro di Berlino credevamo non ci sarebbero state più guerre: oggi nel mondo ce ne sono 55, molte dimenticate. E quando è la religione che diventa strumento di guerra, quella non è più religione ma perversione religiosa. Dobbiamo renderci conto che le differenze non sono un problema ma una ricchezza. In Europa e nel mondo abbiamo fatto degli immigrati un capro espiatorio, un pericolo criminale, sono delinquenti a priori, abbiamo sentito parlare di deportazione. Io anche quest’anno sarò a Cutro a ricordare la tragedia. Pace è ridistribuire le ricchezze, ridimensionare le disuguaglianze. Per costruirla dobbiamo stare attenti a tre pericoli: non ridurla ad ideologia, a demagogia, ad utopia. Non credere che ci sono i “missili buoni” e quelli “cattivi”. Dal basso noi dobbiamo essere artigiani della pace: vigilare, contestare, obiettare. La pace parte dal riconoscere le proprie inquietudini, limiti, fragilità; dal perdonare e chiedere perdono; dal coltivare la mitezza, dal non cedere all’impulso umano di usare la forza. Questo significa impegno, perché pace è molte cose: ecologia integrale, rispetto dei diritti civili e dei diritti sociali. Non c’è pace senza giustizia, e occorre superare il desiderio di potere, i nuovi imperialismi, vivere il perdono come stile, ricordare i cardini dell’Enciclica “Pacem in Terris”, sapere che la pace si realizza con mezzi pacifici, non banalizzare la speranza. Finché c’è speranza c’è vita: non il contrario. Non si tratta di un anestetico per la coscienza. Dobbiamo alzarci in piedi, e la speranza deve camminare sulle nostre gambe, per costruire una pace possibile, senza la quale non c’è vangelo e regno di Dio”.

Giulia De Sensi

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