Carceri, rivolta di un gruppo di detenuti a Reggio Calabria

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Reggio Calabria - Le forze di Polizia penitenziaria hanno ripreso il controllo nel carcere di Arghillá, nella periferia nord di Reggio Calabria. All'origine della protesta inscenata da un gruppo di detenuti georgiani, il desiderio di vendicare un connazionale aggredito da un detenuto nord africano. I detenuti georgiani sono stati temporaneamente trasferiti nel carcere di Palmi in attesa di chiarire quanto avvenuto ad Arghillá.

"Grazie all'impagabile opera della Polizia penitenziaria, sono rientrati pochi minuti fa i disordini presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria Arghillà, dove poco meno di una decina di detenuti di origini georgiane avevano tentato una spedizione punitiva nei confronti di un altro ristretto, ma, vistisi sbarrata la strada dagli agenti, si erano asserragluati nella sezione. Da quanto apprendiamo, nessuno si sarebbe fatto male, né fra i detenuti né fra gli operatori, mentre ci sarebbero danni alla struttura. Sono tutt'ora in corso le operazioni per mettere in sicurezza il penitenziario". Informano dalla UILPA Polizia Penitenziaria.

Un gruppo di detenuti di nazionalità georgiana si era asserragliato in una sezione del carcere di Arghillá, struttura di detenzione ubicata nella periferia nord di Reggio Calabria. Secondo quanto appreso, il gruppo aveva organizzato una spedizione punitiva contro un altro detenuto di cui non si conosce la cittadinanza. Numerosi agenti della polizia penitenziaria, intanto, si sono recati ad Arghillá per rafforzare la cintura di sicurezza eripristinare l'ordine nella struttura di detenzione. Giovanni Battista Durante, segretario generale aggiunto del Sappe e Francesco Ciccone, segretario regionale, in una nota congiunta, lamentano "i tanti episodi di violenza di questi ultimi giorni" e invocano "misure di maggiore rigore, per riportare la legalità nelle carceri. Chiediamo - scrivono i sindacalisti - che i detenuti violenti vengano ristretti in appositi istituti, dove dovrebbero scontare la pena al regime chiuso, perché mettono a rischio l’ordine e la sicurezza e, spesso, si avvalgono anche della loro posizione di supremazia nei confronti degli altri reclusi". Infine, Durante e Ciccone chiedono "la dotazione del Taser, o di altro strumento simile, affinché gli agenti possano difendersi ed evitare che la violenza dei detenuti venga portata a conseguenze estreme". 

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