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Continuiamo sullo stesso argomento, la legge elettorale, pubblicato nell’ultimo numero dell’edizione cartacea de il Lametino. Avevamo inviato l’articolo prima che fossero depositate le motivazioni della sentenza della Consulta che spiegano la parziale illegittimità dell’Italicum. Queste sono uscite sulla stampa nazionale qualche giorno fa. Abbiamo sottolineato le più importanti, privilegiando il virgolettato, considerata la materia giuridica alquanto delicata. Ballottaggio: “Le modalità di attribuzione del premio attraverso il turno di ballottaggio determinano una lesione. (…) Il premio attribuito al secondo turno resta un premio di maggioranza e non diventa un premio di governabilità”. Significa che Il ballottaggio dell’Italicum è incostituzionale senza quorum né soglia minima perché una lista avrebbe potuto accedervi con un consenso esiguo. Anche con il 25% o 30% dell’elettorato si sarebbero ottenuti 340 seggi alla Camera come premio di maggioranza. Un risultato del genere non avrebbe tenuto presente l’esigenza costituzionale “di non comprimere eccessivamente il carattere rappresentativo dell’assemblea elettiva e l’eguaglianza del voto”. Non a caso sono presenti alcuni aggettivi significativi nell’art. 48 della Carta: “Il voto è personale ed eguale, libero e segreto”. Mentre dare il premio di maggioranza alla lista che arriva al 40% al primo turno non è “irragionevole”: in tal caso si bilancerebbero rappresentatività adeguata e governabilità decidente. Resta la legittimità del secondo turno. Per meglio dire: non è illegittimo, ma possibile a patto che venga rispettata la rappresentatività. In tal caso non spetta alla Consulta intervenire: “Ma non potrebbe essere questa Corte a modificare (…) le concrete modalità attraverso le quali il premio viene assegnato all’esito del ballottaggio”. Sarà compito del Parlamento considerarlo ed elaborarlo correttamente nel rispetto costituzionale: “Ciò spetta all’ampia discrezionalità del legislatore al quale il giudice (…) non può sostituirsi”.
Altro lavoro importante dei parlamentari sarà rendere i due Consultellum, del 2014 e del 2016, omogenei. Per esempio, pareggiare le due soglie di sbarramento; adesso al Senato è all’8% per liste non coalizzate e al 3% per quelle coalizzate; alla Camera arriva al 3% senza possibilità di coalizione; altra differenza, alla Camera preferenza di genere, al Senato preferenza unica e altro ancora. I capilista bloccati non sono incostituzionali di per sé. La Consulta non li ha bocciati. Infatti, l’art. 49 così recita: “Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Nel nostro ordinamento costituzionale gli eletti al Parlamento “determinano la politica nazionale”. Quindi le segreterie delle formazioni politiche possono scegliere il capolista se viene lasciato margine di scelta agli elettori perché sono “cittadini [che] concorrono con metodo democratico”. Nell’Italicum le liste sono ridotte; è bloccato solo il capolista e l’elettore può esprimere fino a due preferenze, doppia preferenza di genere (candidati di sesso diverso), non considerando il capolista. Al contrario nel Porcellum le liste erano, dal primo all’ultimo candidato, interamente bloccate senza alcuna possibilità di scelta per l’elettore. Sì alle pluricandidature (10 al massimo) dei capilista, ma se eletti in più collegi non potranno scegliere quello da loro rappresentato in Parlamento perché potrebbe favorire eventualmente un altro candidato; in tal caso varrà il sorteggio, in assenza di un altro criterio. Come metodo residuale. Il riferimento normativo è l’art. 85 del Testo unico delle leggi elettorali: “Il deputato eletto in più circoscrizioni deve dichiarare alla presidenza della Camera dei deputati, entro otto giorni dalla data dell’ultima proclamazione, quale circoscrizione prescelga”. Se ciò non avveniva, si andava al sorteggio. Quello che prima era il criterio in mancanza della dichiarazione dell’eletto, diventa adesso “l’unico criterio” per la Corte. Appartiene alla responsabilità e alla capacità della politica trovarne eventualmente un altro.
In tal modo la Corte costituzionale ha risposto ai ricorsi dei tribunali di Messina, Torino, Perugia, Trieste, Genova, a loro volta parzialmente soddisfatti. Ora la palla passa alla politica che dopo due stop (2014 e 2016) della Consulta avrà la responsabilità di scongiurare una terza incostituzionalità. Evitare, di conseguenza, gli errori del passato. Sono state presentate 18 proposte di legge elettorale, incardinate nella Commissione Affari Costituzionali che avvierà l’iter. Il parlamentare Andrea Mazziotti nella sua relazione di incardinamento ha già messo in evidenza, tenendo presente quanto dichiarato dal Presidente della Repubblica Mattarella, ciò che si evince dalle due sentenze della Consulta: due sistemi non omogenei e inidonei “a salvaguardare la stabilità dei governi”. E allora bisognerebbe armonizzare elaborando un’efficace legge elettorale al passo con i tempi e in difesa della democrazia. Speriamo che la fretta non sia una cattiva consigliera, anzi venga messa da parte e prendano posto la riflessione attenta e la capacità di mediazione e /o compromesso alto delle diverse esigenze e culture politiche del nostro Paese. Insomma non una legge, qualunque essa sia, per andare al più presto al voto. Ma un sistema elettorale importante che possa stimolare la partecipazione consapevole dei cittadini. A tal proposito concludiamo con la citazione di un’altra opera di Giovanni Sartori (già ricordato con altre pubblicazioni nell’edizione cartacea), appunto Ingegneria costituzionale comparata; in questo lavoro, la cui edizione originale è londinese (London, Macmillan 1994), poi tradotta nella nostra lingua e pubblicata da il Mulino l’anno dopo, dedica le prime 94 pagine alle leggi elettorali. Il terzo capitolo ha un titolo che sottintende l’attenzione dell’autore all’argomento: L’importanza dei sistemi elettorali. Solo in un secondo momento parla di parlamentarismo e presidenzialismo. Il motivo di tale priorità si comprende bene in un suo virgolettato con cui ci piace chiudere il pezzo: “I sistemi elettorali possono non essere inclusi formalmente nei testi costituzionali e tuttavia restano una parte essenziale del funzionamento dei sistemi politici”.