La cupola del Cupolone. Alla ricerca dei rimedi risolutivi

Scritto da  Pubblicato in Pino Gullà

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pino_gulla.jpgL’hanno chiamato: “Mafia capitale. Sistema perfetto”. Si tratta dell’ultimo malaffare associativo tra delinquenza organizzata, cooperative e politica scoperto (e scoperchiato) a Roma. Grave a dir poco; sembra devastante e inquietante. Dalla conferenza stampa di Pignatone, magistrato già a Reggio Calabria, ora nella Capitale, si deduce che il fatto delinquenziale resterebbe sempre nell’ambito dei comitati d’affari, come in tante altre parti d’Italia. Ma questa volta pare ci sia stata una ulteriore metastasi. Nella Città eterna la criminalità organizzata sarebbe entrata da protagonista in politica. Politici e funzionari, sul libro paga delle tangenti, come risulterebbe dalle intercettazioni telefoniche, avrebbero svolto un ruolo strumentale e subalterno alla criminalità. Per l’ennesima volta la politica si è rivelata permeabile al malaffare, ben disposta verso “le bustarelle”. Abbiamo dedicato numerosi articoli sulle mafie e sulla corruzione sia nell’edizione cartacea di questo giornale sia sul blog online. Non vorremmo ripeterci. Scriveremo solo gli aggiornamenti che riusciamo a ricavare da tale fatto negativo di cronaca criminale. Il boss e il presidente della cooperativa  dovrebbero essere i cervelli: avrebbero organizzato  il tutto per intascare i soldi destinati ai campi rom e ai richiedenti asilo e, nel contempo, pensare ai  comitati elettorali della politica contro l’immigrazione. La cupola del Cupolone sembrerebbe tra le più importanti di quelle sparse per l’Italia. Sarebbero emersi anche legami con la  ‘ndrangheta e 'cosa nostra'. Il malaffare, moltiplicato ed espanso nei diversi settori del sociale, avrebbe corrotto  politici di destra e di sinistra. Assodato che la corruzione pare sistemica (già scritto), continuerebbe il processo di degrado irreversibile di certa politica. Oggi maggiore appare, senza vergogna, il cinismo di alcuni politici. Foto e telefonate inchioderebbero gli arrestati e gli indagati.

La delinquenza organizzata ormai “opera nel sociale”, insieme all’imprenditoria di alcune cooperative. Ha preso di mira gli ultimi, gli esclusi. Si appropria dei soldi pubblici destinati alla loro difficile sopravvivenza. Questo il dato nuovo e nauseante. Non solo il denaro pubblico  per le opere infrastrutturali (v. Mose),  ma anche quel poco stanziato per  chi si trova in situazione di estrema precarietà. La corruzione percepita costerebbe 60 miliardi l’anno. Dal ’92, da Tangentopoli ad oggi, la situazione è peggiorata. E certa  politica consente ancora questo stato di cose, allontanandosi sempre più dai problemi reali della gente comune. Dall’altra parte aumenta il disgusto e la rabbia dell’opinione pubblica. Se la rabbia  supererà il disgusto torneranno “i forconi”. Ristabilire la legalità attraverso l’etica è il compito arduo della buona politica, che dovrà necessariamente conquistare posizioni per raggiungere gli obiettivi di governabilità secondo le regole del diritto. Nelle ultime pagine di “Breve storia della corruzione” Carlo Alberto Brioschi cita Gian Antonio Stella, che a sua volta si rifà a Robert Putnam, a “La tradizione civica nelle regioni italiane”  (che abbiamo letto): “[L’autore] dimostra inequivocabilmente come la buona politica e il senso delle istituzioni portino ricchezza a regioni, comuni e Stati … Più un comune, una regione o un’area sono civili o legati a tradizioni democratiche più si produce ricchezza”. E’ una ricerca datata, pubblicata nei primi anni ’90. Ma la lettura farebbe bene alla “salute” dei politici che hanno voglia di realizzare pratiche di buon governo.      

                                                                                                                                       

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