A Saucerful Of Secrets, i segreti di Nick Mason e dei Pink Floyd incantano Roccella Ionica

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Roccella Ionica (Reggio Calabria) – Set the control. Un controllo che, nel caso dei Pink Floyd, è spesso finito nelle mani del duo David Gilmour/Roger Waters, quest’ultimo, in particolare, divenuto una sorta di lider maximo a partire dalla svolta di “The Dark Side Of The Moon”, autentico spartiacque nella carriera della band, che l’ha proiettata definitivamente nell’immaginario collettivo. Ma c’è dell’altro. Perché, in realtà, prima di esplorare il lato oscuro della Luna e aver ulteriormente scolpito il proprio monicker nella leggenda con all time classics quali “Wish You Were Here” e “The Wall”, i Floyd erano già stati un gruppo assolutamente seminale in una prima fase legata soprattutto a un nome: Syd Barrett. Una figura, quella del “diamante pazzo” di Cambridge, mai dimenticata dai suoi compagni di viaggio – e dalla critica – ma certamente meno nota al grande pubblico, almeno in relazione al suo imprescindibile ruolo nella nascita di quell’incredibile storia. Merito di capolavori quali “The Piper At The Gates Of Dawn” e “A Saucerful Of Secrets”, pietre angolari di tutta la psichedelia britannica destinate, però, a rimanere “un mucchio di segreti”, appunto. Non fosse per Nick Mason, unico membro sempre presente in line-up, consapevole anche della portata rivoluzionaria degli album immediatamente successivi: da “More” a “Obscured By Clouds”, passando per i vari “Ummagumma”, “Atom Heart Mother” e “Meddle”. Sono queste le tappe cruciali dietro le origini dei Nick Mason’s Saucerful Of Secrets, supergruppo messo in piedi dallo storico batterista dei Pink Floyd per rendere omaggio al periodo forse più creativo e sperimentale della band, incoraggiato, innanzitutto, dai trip interstellari di Barrett, “the man who started Pink Floyd”.

Accompagnato da musicisti d’eccezione come Lee Harris (chitarra), Dom Beken (tastiere e armonica), Guy Pratt (basso) e l’ex chitarrista degli Spandau Ballet, Gary Kemp, Mason ha portato la sua creatura al Teatro Al Castello di Roccella Jonica, per la trentottesima edizione di Fatti Di Musica, la rassegna ideata dal promoter lametino Ruggero Pegna. Due set di un’ora ciascuno per un excursus subito di grande impatto grazie all’anthem “Astronomy Domine”, seguito a ruota da altri classici del periodo quali “Arnold Layne” e “See Emily Play”, primi due singoli fortemente caratterizzati dal songwriting di Barrett. È lui il nume tutelare di buona parte del concerto, presente persino “fisicamente” sul beat di “Remember Me”, demo datata 1965 e impreziosita dalla traccia della voce solista di Syd. Archiviati gli early years sotto la sua guida, ripresi poi nel secondo set da “The Scarecrow” e “Lucifer Sam”, assolutamente memorabili, in particolare, le suite “Atom Heart Mother” (introdotta e chiusa da “If”) e, soprattutto, “Echoes”, trascinata dal notevole guitar work di Harris e Kemp (abile anche a dividere il microfono con Pratt), capaci di non far rimpiangere troppo i suoni inconfondibili di David Gilmour.

Un banco di prova ragguardevole superato brillantemente da una coppia d’asce di gran classe, a partire dall’insospettabile ex chitarrista degli Spandau, pienamente a suo agio nel passaggio dal new romantic alle suggestioni lisergiche di una proposta musicale ai tempi avveniristica, in bilico tra prog, psichedelia e space rock. Un discorso valido anche per l’ottimo Dom Beken e il “solito” Guy Pratt, collaboratore in pianta stabile dei Floyd sin dal post Roger Waters, sugli scudi in brani come “One Of These Days”, introdotta da quelle linee di basso ormai iconiche, e “The Nile Song”, delirante proto-heavy metal tratto da “More”, soundtrack dell’omonimo film diretto da Barbet Schroeder nel ’69 (in scaletta anche “Obscured By Clouds”, da “La Vallée”). Perché non era semplice trovare la giusta quadra per un progetto simile, ma Mason, ovviamente altro grande protagonista che, a ottant’anni suonati, non ha certamente lesinato energie, pestando incessantemente sui suoi amati tom, ha saputo mettere insieme un manipolo di musicisti navigati, completamente immersi nello spirito di un’operazione tutto fuorché nostalgica (“This music changed my life”, dirà Kemp). Una mission semmai necessaria, utile a far luce su una fase fin troppo nascosta, almeno a livello mainstream, da un’era classica quanto mai ingombrante, qui lasciata coraggiosamente in disparte, a differenza di Waters e Gilmour nei loro tour da solisti. Niente lato oscuro della Luna per Nick Mason, soltanto il cuore del sole. Questione, appunto, di controllo.

“È stata una notte magica – ha affermato al termine del concerto Ruggero Pegna – con un mito come Nick Mason e altre stelle del rock, tra cui Gary Kemp, ex Spandau Ballet, a cui ho ricordato il concerto di Catanzaro del 1987, con cui ho iniziato quest’avventura. Ringrazio il Presidente della Regione Roberto Occhiuto per avere condiviso l’eccezionalità dell’evento”.

Francesco Sacco

Nick_1a5eb.jpgFoto di Antonio Sollazzo

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