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Il Bruzio: dalle riforme di Diocleziano all’incursione visigotica
Scritto da Lametino7 Pubblicato in Francesco Vescio© RIPRODUZIONE RISERVATA
Dalla fine del III secolo all’inizio del V la regione fu coinvolta nelle vicende dell’Impero romano, comprese le invasioni barbariche, dalle quali era stata risparmiata fino al 510; a proposito delle <<invasioni barbariche>>, pare opportuno osservare che si tratta di una concezione storiografica romano-italica di quell’imponente fenomeno demografico che vide coinvolti tanti popoli dalle steppe asiatiche alla Penisola Iberica, mentre nel mondo germanico si è parlato di <<Völkerwanderungen >>, cioè a dire: ‘trasmigrazioni di popoli’ (A.M.Alella – I. Marini, Grammatica Tedesca, Volume II, Carlo Signorelli Editore, Milano, 1958, p.378 ) , tale traduzione dimostra che lo stesso fenomeno è stato considerato da un punto di vista un po’ diverso. Diocleziano, imperatore romano dal 284 al 305, cercò di porre fine alla crisi del III secolo intervenendo, tra l’altro, con l’istituzione della Tetrarchia: due Augusti e due Cesari al vertice dell’Impero e con un diverso ordinamento amministrativo dello stesso, che fu diviso in diocesi: “ Diocleziano << ritagliò>> in questo stato le sue unità <<amministrative >> etnico- territoriali, le diocesi,. Inquadrate da Costantino nelle prefetture al pretorio regionali, queste diocesi dioclezianee continuano ad esprimere il momento etnico dello stato super-nazionale romano” (Giulio Giannelli – Santo Mazzarino, Trattato di Storia Romana – Volume II – L’impero Romano, a cura di Santo Mazzarino, Seconda Edizione, Tumminelli Editore, 1962, p.492). In tale nuovo assetto amministrativo l’Italia- tranne l’Urbe e il suo suburbio- perse i tradizionali privilegi rispetto alle province: esenzione da alcuni tributi, distribuzione di viveri a prezzi calmierati o gratuiti etc. Nel Bruzio le conseguenze più rilevanti delle riforme dioclezianee sono delineate nel testo seguente: “Se il Bruzio poté godere, grazie al suo isolamento, ancora una certa sicurezza rispetto alle invasioni dei barbari, non poté evitare le nefande conseguenze che la crisi dell’Impero imponeva sotto l’incalzare della lotta serrata tra la borghesia dell’Impero e l’esercito e dell’incessante martellare dei barbari. L’impero sembrava avviato a completo dissolvimento, mentre carestie ed epidemie flagellavano le popolazioni. Una nota di pessimismo invade gli spiriti, che di fronte ai terribili eventi si rassegnano ad una vita grama ed incerta. [… ] In siffatto sfacelo morale e materiale si inserisce la monarchia assoluta di Diocleziano, che attraverso unna vasta riforma dà un nuovo ordinamento alla vita dell’Impero. Il lungo periodo di anarchia militare aveva distrutto l’autonomia delle città e immiserita la borghesia: i consigli municipali erano ormai ridotti alle funzioni di esattori gratuiti delle imposte, con pesanti responsabilità nell’esecuzione dei lavori e nelle varie prestazioni dovute dalle popolazioni.
Nel corso del Basso Impero, i funzionari dello Stato non erano più semplici ispettori delle campagne e delle città: le liturgie [ Nell’antichità greca e romana: obblighi per i cittadini più ricchi di sostenere a proprie spese alcune cariche pubbliche o funzioni pubbliche religiose oppure civili, N.d.R.] si traducevano in sistematiche spoliazioni e le requisizioni a carattere straordinario, soprattutto di generi alimentari, assumevano aspetti sempre più drammatici fino ad affamare le già misere popolazioni. L’istituzione dell’annona ripristinava l’esazione delle imposte in natura con frequenti requisizioni di generi di prima necessità. Il Bruzio dovette risentire in modo particolare dei tristi effetti dell’annona: bestiame e cereali venivano sistematicamente incettati ed avviati a Roma ed ancora sul principio del VI secolo, sotto il regno di Teodorico, serviranno a sfamare la popolazione dell’Urbe” (Giuseppe Brasacchio, Storia Economica della Calabria, Dal III secolo D.C. alla Dominazione Angioina – 1442- Volume Secondo, Edizioni Effe Emme, Chiaravalle Centrale, 1977, pp.11-12 ) . In un contesto economicamente così degradato e socialmente svilito nel 410 si abbatté nella regione l’incursione dei Visigoti, guidati dal loro re Alarico. Questa popolazione di origine germanica già dalla seconda metà del III secolo aveva avuto dei rapporti a volte conflittuali a volte da alleati con i Romani nella regione danubiana: in alcuni casi avevano oltrepassato i confini da nemici in altri avevano combattuto da foederati, soldati ausiliari che ricevevano un compenso o altri benefici, assieme ai legionari romani contro altri barbari che premevano sui confini; verso i Visigoti tale politica fu adottata nel 376 dall’imperatore Valente, ma poco tempo dopo seguirono dei conflitti tra Romani e Visigoti; pochi anni dopo l’imperatore Teodosio stabilì un nuovo patto di alleanza con i Visigoti (foedus) e concesse loro di insediarsi nell’Illirico. Ma la convivenza tra l’elemento romanico e quello visigotico non era affatto facile anche a causa della diversa religione professata, rispettivamente, cattolica e ariana.
Questa situazione di momenti conflittuali e di accordi perdurò fino al 410, quando, Alarico riuscì ad occupare Roma e saccheggiarla; tale evento suscitò un enorme sgomento fra i Romani: l’Urbe sotto i piedi dei barbari vincitori, sembrava qualcosa d’incredibile; l’ultima volta ciò si era verificato ben otto secoli prima nel 390 a.C. da parte dei Galli, guidati da Brenno, poco dopo sconfitto dal condottiero romano Camillo. Il re visigotico continuò la sua marcia nell’Italia meridionale, avendo l’intenzione, secondo alcuni storici, di salpare dalla Sicilia per l’Africa; ma morì nei pressi di Cosenza e, secondo una tradizione leggendaria, fu sepolto nel letto del Busento, affluente del Crati; il corso d’acqua sarebbe stato deviato per permettere la sepoltura del re con tutto il tesoro accumulato con il saccheggio di Roma, gli schiavi che avevano lavorato per deviare il fiume, sarebbero stati uccisi per impedire loro di svelare il luogo dove era stato seppellito il sovrano con il suo immenso tesoro. Tale evento ha continuato ad avere una grande risonanza nella cultura germanica e di ciò è testimonianza <<La tomba nel Busento>>, una ‘balllata’ del poeta tedesco August von Platen (Ansbach 1796 – Siracusa 1835), che si riporta, secondo la traduzione del Carducci: Cupi a notte canti suonano// Da Cosenza su ‘l Busento,// Cupo il fiume gli rimormora// Dal suo gorgo sonnolento//--- Su e giú pe ’l fiume passano// E ripassano ombre lente:// Alarico i Goti piangono, // Il gran morto di lor gente/--- Ahi sí presto e da la patria// Cosí lungi avrà il riposo,//Mentre ancor bionda per gli ómeri// Va la chioma al poderoso!//--- Del Busento ecco si schierano// Su le sponde i Goti a pruova, // E dal corso usato il piegano// Dischiudendo una via nuova.// --- Donde l’onde pria muggivano// Cavan, cavan la terra;// E profondo il corpo calano,// A cavallo, armato in guerra//--- Lui di terra anche ricoprono// E gli arnesi d’òr lucenti : // De l’eroe crescan su l’umida // Fossa l’erbe de i torrenti! //--- Poi, ridotto a i noti tramiti, // Il Busento lasciò l’onde// Per l’antico letto valide// Spumeggiar tra le due sponde. //--- Cantò allora un coro d’uomini:// - Dormi ,o re, ne la tua gloria!// Man romana mai non víoli// La tua tomba e la memoria!-// --- Cantò, e lungo il canto udivasi // Per le schiere gote errare: // Recal tu, Busento rapido, // Recal tu da mare a mare ( Giosuè Carducci, Tutte le poesie, Newton & Compton Editori, Roma, 1998, pp. 426-427 ). Ad Alarico successe Ataulfo che poco dopo lasciò la regione e si diresse in Gallia; il Bruzio subì l’invasione dei Visigoti come un’ulteriore sciagura. Il tesoro è stato cercato, ma non è stato trovato.