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Quello dell’informazione giudiziaria – che sarà al centro nei prossimi giorni di un convegno a Catanzaro su iniziativa delle Camere Penali - costituisce attualmente il problema forse più acuto della giustizia penale italiana. La lentezza dei processi e la rapidità dell’informazione fanno sì che l’indispensabile controllo della stampa, “cane da guardia della democrazia”, si concentri nelle prime fasi del processo, quando possono sussistere ancora esigenze di segretezza e quando in ogni caso non esiste ancora un accertamento definitivo di colpevolezza. L’interesse del pubblico alle vicende processuali penali, particolarmente vivo quando si tratta di fatti clamorosi soprattutto di sangue o coinvolgenti personaggi pubblici, alimenta il fenomeno di spettacolarizzazione della giustizia penale.
Si produce così una sorta di contrapposizione tra la giustizia giudiziaria e la giustizia mediaticamente rappresentata che può creare distorsioni nell’opinione pubblica e talvolta sfiducia verso l’istituzione. Ma sono in gioco anche diritti fondamentali dei soggetti privati direttamente o indirettamente coinvolti nel processo: da quello alla presunzione d’innocenza a quelli alla reputazione e alla riservatezza.
L’attenzione è in questi giorni soprattutto rivolta al tema delle intercettazioni, la cui obiettiva invasività ed efficacia investigativa sono all’origine della particolare difficoltà di conciliare le esigenze contrapposte del rispetto della riservatezza e della scoperta dei reati e dei loro autori. I beni che vengono in conflitto nell’informazione giudiziaria sono dunque molteplici, pubblici e privati, e tutti di somma rilevanza perché tutti rispondenti a sovraordinati valori di democrazia. Il che rende straordinariamente difficile ma ineludibile il loro soddisfacente bilanciamento. A questo obiettivo sono funzionali in primo luogo le norme processuali che dettano le regole e i limiti del segreto investigativo.
Indispensabili sono poi norme sanzionatorie a tutela tanto del segreto quanto dei diritti individuali che possono venire lesi specie da forme scomposte del cosiddetto processo mediatico. Sullo sfondo, o in principio, stanno le regole deontologiche del giornalista e i meccanismi disciplinari a loro presidio, sempre nella premessa del più integrale riconoscimento della libertà d’informazione costituzionalmente consacrata. Esiste una giurisprudenza consolidata a protezione di un ingrediente imprescindibile per il corretto esercizio del diritto di cronaca: la segretezza delle fonti confidenziali dei giornalisti. Eppure gli abusi ciclicamente si ripetono, sia per l'inadeguatezza degli organi inquirenti nel condurre indagini senza metodi invasivi come questo, sia per la tentazione della politica e della magistratura di intimidire e imbavagliare certa informazione scomoda.