Lamezia, inaugurata mostra “Nik Spatari e le opere del Musaba” a Samarcanda

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Lamezia Terme – Inaugurata mostra “Nik Spatari e le opere del Musaba” nei locali del progetto Samarcanda in via Tevere a Lamezia Terme. Alla presentazione hanno preso parte l’artista Nik Spatari e Hiske Mass dietro l’intensa e significativa introduzione del critico d’arte Tedolonda Coltellaro. L’idea di ospitare le opere del fondatore del parco Museo di Santa Barbara di Mammola, in provincia di Reggio Calabria, è stata colta in pieno da Samarcanda, Theodora e Passato Prossimo, entrambe realtà culturali della città indirizzate a promuovere eventi con l’obiettivo di stimolare al bello. L’artista Spatari che, seguendo il suo percorso di vita, introduce ad una possibile emigrazione al contrario, espone per la prima volta nella città di Lamezia Terme e le sue opere resteranno esposte tra le pareti delle sale di Samarcanda fino al 20 Giugno. Come si evince dalla video proiezione/racconto della storia del Musaba, la sua arte esprime libertà, un senso forte di radicamento al territorio, ma anche una contraddizione da cui si estrapola comunque originalità, arte classica, moderna, contemporanea: Nik Spatari esce ed entra nel territorio, un territorio che è una moltitudine di territori.

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Un uomo che incontra nel tempo innumerevoli grandi uomini, girando per l’Europa, facendo tappa a Losanna e poi Parigi, dove frequenta Le Corbusier; incontra in seguito Jean Cocteau, Picasso, e Max Ernst, ma si sofferma anche sulla geografia e sulla geometria dello spazio e dei luoghi, quindi si lascia travolgere da Pitagora.  Gradualmente il suo ritorno in Italia lo spinge ad avvicinarsi nuovamente in Calabria – dapprima nel 1966 a Milano dove insieme ad Hiske Mass fonda la galleria d’arte Kiske, poi nel 1969 la realizzazione del sogno, l’utopia che diventa realtà: il Museo – Laboratorio d’arte contemporanea a Mammola. Ma cos’è il Musaba, luogo a cui prendono sempre parte numerosi visitatori, appassionati d’arte e cultura? È un museo a cielo aperto, volto alla creazione, alla tutela, alla gestione, conservazione, e valorizzazione del patrimonio artistico e paesaggistico. Ben undici celle d’arte per ventidue posti letto, un insieme di strutture con copertura di tassello colorato che richiamano alla vita monastica, un capolavoro visivo in progress. Nik Spatari parte dal disegno e dalla geometria, che qui rappresenta il linguaggio dell’uomo, parte dallo spazio che qui rappresenta spiritualità. Spatari è anticonvenzionale e il suo rapporto con il paesaggio ha connotati marcati, diretti ad evidenziare il genius loci. “Ho iniziato a conoscere Nik da giovane apprendista critica con tanto entusiasmo che si sovrapponeva – spiega Teodolinda Coltellaro – la mia esigenza oggi non è di parlare delle sue opere quanto piuttosto di collocare l’artista nel percorso dell’arte contemporanea, nel fornire indicazioni e letture circa la sua identità”. Un esempio per tutti i calabresi che vogliano riscoprire le proprie origini, a dare valore ad esse e al circostante.

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L’artista che vive e si isola dall’era delle globalizzazioni riesce ad uscir fuori dal localismo per entrare a far parte del mondo ma ritorna. “Bisogna predisporre la mente in via del tutto naturale a contestualizzare – dice ancora il critico d’arte Teodolinda Coltellaro – ma è chiaro che attualmente non si è abituati abbastanza”. In Calabria esiste una divulgazione precaria dell’arte, Nik Spatari ha chiesto fondi ma non gli è stato mai facilitato nulla. “Il nostro territorio è lontano dai centri nevralgici dell’economia ma ciononostante propone continua ricerca e sperimentazione – continua la Coltellaro – Nik Spatari ritorna nel suo territorio elettivo perché è riuscito a sfuggire all’imperialismo della globalizzazione, ma mai come chiusura al mondo bensì come motivo di interazione con la geografia e con l’arte”. “Nik Spatari racconta il destino dell’uomo, di civiltà che si sono sovrapposte nel bacino del Mediterraneo, la sua sensibilità è contemporanea e lui stesso ne ha codificato una: il prismatismo, un prisma ottico che si apre e si frantuma in mille altri modi di possibilità e di geometrie, ha rielaborato nozioni precise della classicità” – conclude Teodolinda Coltellaro, per giungere alla contemporaneità del ‘presente’, un alveo contenitore, dove il ruolo del critico consiste nel dare segni riconoscibili.    

V.D.

 

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