Lamezia Terme - “Per raccogliere gli ottimi funghi e tartufi calabresi, ci vuole, prima di tutto, una grande passione. Che fa il paio con il rispetto dell’ambiente”. Il micologo Teodoro Gigliotti parla a tutto tondo di due prelibatezze che rendono i nostri territori meta di escursioni di incalliti cercatori, che aspettano per mesi il momento giusto per catapultarsi di buonora nei boschi sperando di andare a segno. Ma l’esperto del Gruppo micologico “Reventino” di Platania pone l’accento soprattutto sui tartufi, un capitolo non molto conosciuto, che comunque inizia ad attirare l’attenzione di trifolai e gourmet. A rendere i tartufi un ambito trofeo, non è solo la loro bontà, ma anche le interessanti quotazioni che raggiungono. E, nelle nostre zone, le sorprese non mancano.
È vero che la Calabria è una terra di funghi eccezionali?
“Sì. La Calabria è una terra ricca di funghi di elevata qualità. Funghi sia epigei che ipogei”.
Qual è la differenza?
“Può essere anche una novità per qualcuno, però è da anni che qui si raccolgono i funghi ipogei: i famosi tartufi. Per quanto riguarda i funghi epigei, i porcini, la gente è convinta di raccoglierne una sola qualità, ma non si rende conto che in realtà sono le qualità sono cinque”.
Spesso, però, la raccolta dei funghi avviene in maniera superficiale.
“Sì. Spesso, le persone non si recano all'ispettorato micologico per far controllare i funghi prima del consumo, per evitare avvelenamenti oppure esiti peggiori, come la morte. Mentre per immetterli in commercio, ci vuole il certificato dell’Asl. Come Gruppo micologico “Reventino” siamo presenti a Platania e dintorni, e facciamo gratuitamente i controlli. Non solo. Facciamo anche informazione mirata al rispetto dell'ambiente e alla raccolta dei funghi, cioè vanno raccolti solo i funghi che si conoscono, mentre gli altri vanno lasciati nel bosco, perché anche questi hanno una loro funzione”.
Parliamo dei funghi del nostro territorio.
“I funghi della zona del Reventino, a livello organolettico, sono stati classificati come i migliori. Se poi ci spostiamo a raccogliere il fungo che cresce in Sila, è già diverso rispetto ai funghi che raccogliamo nella nostra zona oppure nelle Serre. Vale a dire: i funghi delle nostre zone sono più profumati e, a livello organolettico, migliori come sapore. Mentre, per esempio, i funghi della Sila hanno un profumo minore, però, a livello esteriore, sono più belli da vedere rispetto ai nostri funghi, che sono di dimensioni più piccole”.
È pacifico che i funghi varino da zona a zona. Però, c’è anche chi gioca sporco in questo mercato. È così?
“Certo. Una grossa piaga è rappresentata dai funghi che vengono importati da fuori e immessi sul nostro mercato, spacciati per funghi calabresi, mentre, in effetti, provengono da alcuni Paesi dell'Est e sono privi di tracciabilità”.
Quindi, è assodato che i nostri siano funghi eccellenti. Ma forse non tutti sanno che la Calabria sia anche terra di tartufi.
“Sì. Molti non sanno che la Calabria è ricca di tartufi. Che già vengono raccolti da oltre un trentennio. Solo poche persone casualmente sono riuscite a sapere che nella nostra terra c'erano i tartufi. Mi riferisco ai famosi cacciatori che venivano nella nostra regione da fuori con la scusa della caccia, e invece andavano a tartufi”.
Dove si trovano i tartufi?
“Il tartufo si trova nei terreni calcarei. Nelle nostre zone, a macchia di leopardo, si trovano tartufi di qualità, sia bianchi che neri”.
Qual è la zona più ricca di tartufi?
“Sicuramente il Pollino”.
Quale tartufo si può raccogliere in questo periodo?
“In questo periodo, possiamo raccogliere lo scorzone, che è un buon tartufo. Voglio invitare le persone ad assaggiare queste prelibatezze. Nelle nostre zone abbiamo dei bei locali che lavorano in maniera eccellente il tartufo”.
C’è un mercato del tartufo?
“Ultimamente, c'è stata un’azienda della Presila che, anche con il nostro parere, ha immesso sul mercato i tartufi con lo stemma Tartufi di Calabria. Quindi, qualcosa si sta muovendo. Prima, i tartufi in calabresi venivano venduti fuori dalla nostra regione, spacciandoli per tartufo d'Alba, di Norcia o di Acqualagna. Poi, tempo fa, è successo che un tartufo bianco di una certa dimensione è stato venduto all'asta a oltre 700mila euro. Questo tartufo è stato trovato ai confini tra Calabria e Basilicata. L'ha comprato a un’asta di beneficenza un signore orientale”.
Come stanno le cose a livello normativo?
“C’è una legge regionale che disciplina la raccolta del tartufo: la numero 9 del 2009. Come per i funghi, per raccogliere i tartufi c’è bisogno del tesserino e bisogna frequentare un corso che organizza Calabria Verde due volte all'anno. Noi, come Gruppo micologico “Reventino”, facciamo dei corsi di preparazione a questo esame. Ci siamo sempre battuti per un percorso di legalità e informazione. Però, in questo settore ci sono ancora delle sacche di illegalità, anche se in misura inferiore rispetto al passato. Mi riferisco alla vendita itinerante. Che è vietata. I funghi vanno venduti solo ad esclusivamente nei mercati”.
Anche per i tartufi bisogna avere un occhio buono?
“Sì. Nel senso di conoscenza dell'ambiente e del territorio. Perché anche il tartufo cresce in simbiosi con la pianta”.
Basta l’occhio o è necessario anche il cane?
“Ci vuole sempre il cane. Ma anche la vanghetta. Però, non è necessario un cane costoso. Prima di tutto, ci vuole tanta passione. Per la ricerca dei tartufi, non è necessario un cane di razza. Naturalmente, il cane va poi addestrato”.
E in cosa consiste l’addestramento?
“Di solito, si usa un ovetto con uno straccetto impregnato di olio tartufato. O facendo odorare al cane direttamente dell'olio tartufato. Oppure, si mette un tartufo all'interno di questo ovetto e lo si nasconde, così il cane inizia a cercarlo, quasi come se fosse un gioco. Poi, quando il cane raggiunge un certo livello di addestramento, fa anche il riporto al tartufaio”.
È vero che i tartufi possono arrivare a toccare quotazioni record?
“Attualmente, le quotazioni dello scorzone, in Calabria, possono raggiungere massimo i 120 euro al chilo. Mentre il tartufo bianco raggiunge quotazioni maggiori, che variano in base all’andatura del mercato nazionale. Qui, l'anno scorso il tartufo bianco ha avuto una quotazione di 2mila euro al chilo, che non è neanche eccessiva, se consideriamo che due anni fa ha raggiunto una quotazione di 7mila euro”.
Il Museo micologico di Platania ha chiuso i battenti. Cosa è successo?
“Il nostro Gruppo micologico ha sempre tenuto a questo tipo di struttura. Una struttura che era invidiata da tutta Italia. Noi lo abbiamo sempre migliorato, arricchendolo sempre di funghi, pietre, animali ed erbe. C’era un grande interesse anche da parte delle scuole. Non solo. In questi anni, il Museo è stato visitato anche da molti esperti micologi italiani, che sono rimasti a bocca aperta, e da alcuni rettori delle nostre università, che hanno addirittura proposto di spostare la struttura nelle loro università. Però, l'anno scorso è successo che l'amministrazione comunale di Platania ha voluto cambiare il regolamento, e il nostro Gruppo micologico non si è riconosciuto in questo regolamento. Così siamo usciti. Questo è tutto”.
Quindi, l’esperienza del Museo finisce qui?
“Assolutamente no. Noi non molliamo. Infatti, stiamo allestendo il Museo nella nostra sede”.
Giuseppe Maviglia
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