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Il grande castagno strinato dal gelo. Tutto è silenzio nella vecchia casa disabitata. Nel cielo una trapunta di nubi grigie. Scricchiola il ghiaccio sotto le suole degli scarponi. Fiottando vapore giungo ai cerri rugosi che allignano sul crinale di Monte S. Maria. Poi fra i resti degli antichi castagneti da frutto. Poi nel fine ricamo degli ontani. E poi fra i pini scuri. Dall’ “alto seggio di pietra” di Monte Tombarino, volgo lo sguardo sul Reventino, sulla Sila, sulla valle del Piazza, sino all’orlo del Golfo di Sant’Eufemia, incorniciato fra le conifere addobbate di bianco. Son salito fin quassù vincendo la pigrizia. Stamane, quando ancora era buio, avevo acceso il camino perché scaldasse la stanza e mi tenesse compagnia, con i suoi guizzi, il suo mormorio. Mi ero rassegnato all’ennesima giornata di clausura, a scrivere e a leggere. Ma alle prime luci dell’alba, le montagne di fronte hanno mostrato un’insolita veste: la neve, un richiamo irresistibile! È come se un artista avesse creato una meravigliosa installazione: sulla terra, sugli alberi, sulle case, sui campi coltivati. Qualunque descrizione di un paesaggio innevato non può eguagliarne l’incanto.
Soprattutto sulle montagne del Sud, dove la neve e il ghiaccio sono sempre effimeri: dopo un cielo cupo c’è sempre l’azzurro, dopo la bufera la quiete, dopo l’ombra il sole. Bisogna cogliere l’attimo, per immergersi nell’incanto. Ma perché la neve è tanto ammirata? Perché cade dal cielo come una materia leggera, come un dono, un cibo divino, un colore ineffabile. Perché è la quintessenza della bellezza. Non la bellezza falsa che ci viene ammannita ogni giorno in TV. Non quella asettica dei musei e degli spettacoli. Una bellezza viva, palpitante, fragile invece. Destinata a svanire. La neve incarna il mistero del soffio vitale che anima tutta la natura. La neve è testimone del mistero dello spirito nella materia. La neve dimostra che davvero il visibile apre gli occhi sull’invisibile, come diceva Anassagora. La neve ci dice, nel modo più eloquente, che mai l’uomo avrebbe potuto concepire lo spirito se non ci fosse stata la materia a suggerirglielo. Ma la neve ci dice anche che la bellezza educa allo sguardo, che dalla contemplazione si può passare all’azione. La bellezza è un bene fragile, delicato. Se non ne avremo cura, essa sparirà senza lasciar traccia, restituendoci una “terra desolata” come disse Eliot. Ecco perché “la bellezza salverà il mondo” di Dostoevskij sarà speranza vera – come ha sottolineato Salvatore Settis – solo a patto che “il mondo salvi la bellezza”.