Lamezia Terme, 23 gennaio – Il film di Antonio Albanese e del suo personaggio calabrese Cetto La Qualunque, politico corrotto e misogino, fa il pieno nel primo week end di proiezione al multisala lametino. Alla prima di venerdì erano presenti anche alcuni politici locali e aspiranti tali.
Una campagna pubblicitaria destinata a fare scuola
Originale ed innovativa la promozione del film messa in campo dalla Fandango di Domenico Procacci. Infatti, la falsa campagna elettorale del protagonista Cetto si fonde in un tutt'uno con quella marketing studiata da Fandango, in altre parole un'ottima guerrilla marketing. Così, da quasi un mese, ecco spuntare nelle maggiori città italiane diverse locandine-manifesti elettorali, gazebo con finti sostenitori che distribuiscono ad ignari passanti schede elettorali fasulle. Completano l'operazione cross mediale (che abbraccia diverse forme e mezzi di comunicazione) un sito internet, www.partitudupilu.it dove scaricare barzellette, motti, screensaver, una canzone (Onda Calabra che ha già suscitato polemiche in quanto rea di aver travisato il testo e il senso dell'originale scritta e cantata dal calabrese Peppe Voltarelli de "Il parto delle nuvole pesanti") e, ovviamente, una pagina fan sull'immancabile Facebook.
Qualunquemente "penalizzato" in Calabria dal Multisala partecipato Medusa
Purtroppo, spiace costatare che il milione e mezzo di euro spesi per questa originale campagna pubblicitaria, che può fare "scuola" a tante altre, sia stata adombrata dal numero minore di sale messe a disposizione da un'importante catena di multisala, The Space, partecipata Medusa, la stessa che ha prodotto il film "Che bella giornata" di Zalone. Come è possibile? Già, proprio nella "terra di Cetto", a Lamezia Terme, dove all'aeroporto sono state girate diverse scene del film e dove il protagonista fa la sua prima comparsa nel film, il multisala in questione ha messo a disposizione una sola sala (che ovviamente fa il tutto esaurito) mentre il film di Zalone, continua ancora oggi, ad avere a disposizione un'ulteriore sala. Il risultato? Se la matematica non è proprio un'opinione, Checco batterà comunque Cetto al box office per quanto riguarda il primo week end di programmazione. Qualcuno direbbe: "a pensar male si fa peccato, ma alle volte s'azzecca!". Purtroppo, questa è la realtà dei fatti ... e dei numeri.
Il riso amaro di Cetto La Qualunque
Si ride con Cetto, specie durante il suo classico comizio o quando decide di andare a Messa. Un riso stemperato dall'amara riflessione dell'attualità. Perché la Calabria descritta nel film di Giulio Manfredonia è sì eccentrica, iperbolica e grottesca ma reale, vera. La fiction rispecchia la realtà e lo spettatore, oltre ad alcune battute o scene esilaranti, è quasi obbligato a riflettere. La risata si stempera in un retrogusto amarognolo, assolve il compito del “castigat ridendo mores”, della satira che ridicolizzando certi vizi si offre da pungolo per una riforma della società attuale. E poco importa che certi calabresi ben pensanti si siano detti “offesi” dal film che, a dir loro, “dipinge una Calabria da macchietta”. Forse qualcuno dovrebbe dir loro che quel disprezzo per il film potrebbe essere in realtà la loro stessa coscienza che ha avuto un palpito di vita per un film che, piaccia o no, andrà anche al prossimo Festival di Berlino, nella Germania della strage di Duisburg. Il film, dicevamo, ridicolizza certi usi e costumi ma sottende qualcosa che, in prima battuta, passa inosservato: ossia che la Calabria è come l'Italia. E se nel resto del Paese i maggiori critici delle più grosse testate nazionali si sono affrettati a scrivere come non si rida più di tanto perche "la realtà ha superato di gran lunga la fantasia", e lo stesso attore Antonio Albanese dica "Cetto in realtà è un moderato", in realtà vedere Qualunquemente che parla di una parte di Calabria e dei Calabresi è come fare i conti con la propria coscienza. Le scene e le battute del film provocano sì una risata, ma subito dopo scatta quel meccanismo d'identificazione, di riflessione (intesa non nella maniera del protagonista), del "già visto". Quello che il resto d'Italia forse dimentica è che qui, come altrove del resto, da meno di un anno s’è dibattuto per le elezioni comunali e regionali e, a breve, ripartirà la campagna per le prossime comunali. Chi guarda Qualunquemente non può pensare di non aver visto o sentito la storia dei buoni benzina, le cinquanta euro date ai soliti indecisi, il dubbio che ti logora nel lasciare la scheda in bianco perché magari, arrivati allo spoglio, tra gli scrutatori ci possa essere qualche "comparuzzo" che, tra una contestazione e un'altra, si affretti a "colorare" la scheda lasciata in bianco a favore del politico amico. La Calabria di Cetto è volgare, fa parte del partito di "pilu e cemento armato", dell'abusivismo ad ogni costo, della ricevuta fiscale mai sacramentata o "ritoccata al ribasso", del disprezzo per le proprie radici portato all'esasperazione. Molto amara, in tal senso, è una delle scene iniziali del film quando Cetto sta per far ritorno a casa dopo anni lontano dalla sua terra e chiede all'amico di fermarsi. Il paesaggio è arido, aspro mentre all'orizzonte si staglia un mare turchese. Le note di una melodia che parla di un emigrato che ritorna alla sua terra natia riecheggiano nell'aria, Cetto guarda il paesaggio e dice alla seconda moglie: "guarda, questa è la mia terra". Tutto farebbe presagire a un barlume di umanità, di amore verso la terra che l’ha generato, ma Cetto si era semplicemente fermato per un bisogno fisiologico e, prima di andarsene, getta la sigaretta sulla terra arsa che avvolge quello stesso paesaggio nelle fiamme. Si ride, ma subito dopo non si può non pensare come questa sia in realtà la lucida considerazione che molti calabresi hanno del loro territorio, distrutto e ignorato dai suoi stessi figli. Tutti bravi gli attori come Lorenza Indovina, la moglie bistrattata, o il giovane Davide Giordano, il figlio Melo detto "U purpu" (il polipo) che all'inizio, complice la lontananza del padre, sembra essere la vera nota positiva del film per il suo estremo candore.
La Calabria è l'Italia
Il film Qualunquemente parla anche di giornalisti facilmente corruttibili e proni verso il più forte, di un consulente politico, Sergio Rubini, che arriva da Milano ma in realtà è un pugliese emigrato che si vergogna, come molti, delle sue origini meridionali. E poi c'è Giovanni De Santis, "il maestrino". Che a dispetto di tutto, non prevarrà. Perchè questo è il film di La Qualunque, delle case opulente dentro e non finite fuori, del disprezzo per la storia antica e l'abbandono degli scavi archeologici al potente di turno, della visita del politico ai nostri ospedali fatiscenti in prossimità delle campagne elettorali, degli scarichi direttamente a mare, della corsa a coprire il manifesto dell'avversario, della pesca di frodo, delle intimidazioni che aprono la campagna elettorale e delle pistolettate sparate in aria in segno di festa. Una Calabria che esiste, più di un'Italia di veline e sessuomani. Ecco perché Qualunquemente è un film che tutti, compresi i puristi e gli intellettual chic, dovrebbero vedere. Perché la Calabria non solo è in Italia ma, paradossalmente, è l'Italia. E forse è vero, solo una risata può scuotere le coscienze di calabresi e italiani ormai troppo apatici e rassegnati. La stessa risata che conclude il film in uno dei posti più belli del mondo, dove il mare ancora cristallino si fonde con lo sfondo roccioso e la collina, aspra, a picco su mare: lo stretto di Messina visto dal Pilone di Santa Trada. Roba da mozzare il fiato... forse ancora per poco.
Virna Ciriaco
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