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Il ritorno dei francesi nel Regno di Napoli e l'insorgenza borbonica in Calabria
Scritto da Lametino7 Pubblicato in Francesco Vescio© RIPRODUZIONE RISERVATA
Agli inizi dell’Ottocento la geografia politica dell’Europa fu sconvolta completamente dalle imprese napoleoniche: cambiarono dinastie, si formarono nuovi Stati in seguito ad alleanze, battaglie, armistizi che si susseguivano gli uni agli altri rapidamente ed in modi del tutto inattesi; in tale contesto va collocata l’insorgenza in Calabria contro il re Giuseppe Napoleone, che i Francesi definirono tout court lotta al <<brigantaggio>>; l’insurrezione fu spietata contro gli invasori e i loro sostenitori, o sospetti tali, anche se calabresi; la repressione, d’altra parte, fu brutale ed in tanti casi coinvolse anche la popolazione inerme.
In questo scritto si fa riferimento solo ai fatti più significativi, cercando di collegare gli eventi in una concatenazione sintetica e chiara, per quanto lo consentano la loro vastità e complessità. Nel brano successivo viene delineato, succintamente, il quadro storico degli avvenimenti che sconvolsero tanti Stati in Europa e fra questi il Regno di Napoli: “Alla terza coalizione, costituita dall’Inghilterra, dall’Austria, dalla Russia e dalla Svezia, aderì segretamente anche il Re di Napoli, il quale però, per sfuggire alle minacce napoleoniche, dovette firmare con la Francia, poco prima che la guerra incominciasse, un trattato di neutralità senz’alcuna intenzione di serbargli fede […] Il 13 novembre Napoleone entrò in Vienna, passato subito in Moravia, sbaragliò gli Austro-russi, il 2 dicembre, ad Austerlitz: ottomila caduti contro trentamila fra morti, feriti e prigionieri, 28 cannoni e bandiere. Austerlitz consacrava l’Impero. IL 26 dicembre 1805 con la pace di Presburgo l’Austria cedeva a Napoleone, che le unì al Regno d’Italia, tutte le province dell’antica repubblica di Venezia acquistate a Loeben e a Campoformio, non conservando per sé altri sbocchi sull’Adriatico che le città di Trieste e Fiume [...] La Corte di Napoli restò così alle vendette della Francia. Il 23 gennaio 1806 le truppe anglo-russe, che due mesi prima erano sbarcate nel Regno, partirono per la Sicilia e per Corfù; e allora il re Ferdinando si affrettò a fuggire a Palermo. Maria Carolina, sempre animosa nelle avversità, come dice il Colletta, rimase a Napoli per organizzare, come fece, qualche resistenza contro l’esercito franco-italiano al comando del Messena. L’11 febbraio partì essa pure, e quattro giorni più tardi i Francesi entravano a Napoli” (Francesco Lemmi, Storia d’Italia fino all’Unità, Sansoni, Firenze, 1965, pp.336-337). Per esplicitare in maniera più particolareggiata i tentativi della dinastia borbonica di contrastare gli invasori si riporta il seguente brano, che indica chiaramente quale importante funzione strategica fosse attribuita alla Calabria per la difesa e la conservazione del Regno: “Di fronte al pericolo incombente, rinnovò la precipitosa fuga di sette anni prima lasciando i pieni poteri al principe Francesco che, visti i vani tentativi di fare insorgere la popolazione del cratere di Napoli, a sua volta li affidò ad una reggenza e si diresse, insieme all’esercito verso la Calabria col dichiarato intento di organizzarvi la rivolta popolare [...] I calabresi invece, come del resto gli altri regnicoli, preferirono invece attendere passivamente il trapasso dei poteri con la speranza che qualcosa cambiasse nella loro condizione, tanto per l’opera di un nuovo governo quanto per sempre possibili situazioni d’anarchia” (Antonio Puca, La Calabria nel Decennio Francese, in ‘ Storia della Calabria Moderna e Contemporanea – Il Lungo Periodo ’- Gangemi Editore, Roma- Reggio Cal., 1992, p.417).
La conquista francese della regione incontrò una debole resistenza, ma poi governarla non fu un’impresa altrettanto agevole per come si può evincere dal passo successivo: “Il 20 marzo la Calabria fu totalmente sgomberata dalle truppe del Borbone. Tra l’11 e il 17 aprile Giuseppe volle << perlustrare>> la regione e assicurarsi di persona delle possibilità strategiche e tattiche per un eventuale passaggio in Sicilia [ …] Rientrato l’11 maggio a Napoli, pomposamente s’insediò sul trono. Nei giorni che seguirono egli e i suoi consiglieri analizzarono la situazione militare con riferimento ai pericoli creati dell’avvenuta occupazione di Capri e di Ponza da parte degli inglesi, dalla minaccia costituita dalle fortezze, fra cui Gaeta, in mano ancora ai Borboni e piena di borbonici, all’inimicizia della maggior parte della gente calabrese, già in ribellione, ai problemi politici da affrontare per poter fronteggiare gli attacchi anglo-borbonici, sedare le insurrezioni locali, e acquietare l’ira popolare […] Sul piano militare i generali ebbero l’ordine di espugnare le città ribelli, le fortezze e stroncare le resistenze fino allo sterminio. Devastazioni e terrore usarli a volontà” (Enzo Misefari, Storia Sociale della Calabria, Jaca Book, Milano, 1976, pp. 250-251).
Uno scontro militare di particolare importanza tra Anglo-borbonici e Francesi avvenne nella Piana di Sant’Eufemia; nel testo seguente, dove tra l’altro viene messo in evidenza il coinvolgimento della popolazione civile nel conflitto armato, l’evento è così delineato: “Da una parte c’erano le truppe francesi con tutti i disagi arrecati alle popolazioni a causa degli alloggi e dei vettovagliamenti, avendo occupato a Nicastro, per usi militari, anche il seminario, il convento dei Riformati, la chiesa di S. Caterina e quella della Sanità. Dall’altra operavano le bande dei ribelli e dei ‘briganti’, sostenute dai borboni e dagli inglesi. I rapporti di polizia dell’epoca riferiscono di navi inglesi che, per alimentare la lotta contro i francesi, nel Golfo di Sant’Eufemia rifornivano di armi e di munizioni le varie bande, tra le quali dominava quella del sambiasino Lorenzo Benincasa. Il 30 giugno 1806 gli inglesi intervennero direttamente nella piana sbarcandovi più di seimila fanti agli ordini del generale Stuart. Il 1° luglio l’esercito si accampò nei pressi del fortilizio del Bastione di Malta nelle immediate vicinanze della riva di Sant’Eufemia. Il giorno dopo si aggiunse agli inglesi il primo grosso contingente di volontari calabresi, siciliani e napoletani, guidato dal colonnello Filippo Cancellieri. Intanto le truppe francesi sotto il comando del generale Reynier, si concentravano sulle alture di Maida. Lo scontro tra i due eserciti avvenne nella parte orientale della piana di Sant’Eufemia ed è noto come la ‘battaglia di Maida’. La vittoria inglese fu il segnale della generale rivolta antifrancese. Subito dopo la battaglia, le campane delle chiese suonarono a lungo e i falò fiammeggiarono sulle colline, diffondendo la notizia da un villaggio all’altro. Si scatenò presto la caccia ai francesi e ai loro sostenitori nonostante l’invito a trattare bene i prigionieri contenuto nel bando emesso da Stuart subito dopo la battaglia vittoriosa. A Nicastro la locale guarnigione, comandata dal generale polacco Lakoski, fu costretta ad abbandonare precipitosamente la città in rivolta. Mentre si innalzavano le bandiere e i vessilli borbonici, la gente correva all’ospedale e alla cappella annessa al convento di S. Domenico, trasformata per l’occasione in ospedale militare, massacrando i soldati francesi che vi erano ricoverati” (Vincenzo Villella, Giuseppe Masi, Antonio Bagnato, Dal Decennio Francese al Primo Conflitto Mondiale: Rivoluzione, Politica, Cultura, in ‘ Lamezia Terme – Storia Cultura -Economia’, Rubbettino, Soveria Mannelli, 2001, pp.145-146).
Gli Inglesi diedero un grande rilievo a questa vittoria contro i Francesi, e per commemorarla denominarono un quartiere di Londra Maida Vale e la stazione della metropolitana Maida Vale Station. Conflitti cruenti e crudeli continuarono qua e là nella regione, i Francesi in un primo momento furono costretti a ritirarsi verso il nord, ma la risposta militare continuò, nonostante le perdite subite, per come viene esplicitato nel seguente brano: “Non appena si sparse la notizia della vittoria inglese, i calabresi insorsero in massa e i francesi sperimentarono una nuova più atroce guerra: i feriti, gli ammalati, i soldati sbandati, i drappelli isolati, insomma tutti coloro che per una ragione o per l’altra si trovarono staccati dal grosso divennero facile preda degli insorti. L’oro inglese, sparso a piene mani, contribuì a rendere la Calabria teatro delle più efferate violenze; tutti gli odi e i rancori personali o di classe esplosero in tutta la loro virulenza, francesi e benestanti divennero oggetto di una spietata caccia […] Reynier, con le truppe superstiti, era riuscito a riparare su Cassano, mentre Verdier, da Cosenza cercava di reprimere i focolai della rivolta. In breve i francesi furono respinti ai limiti settentrionali della regione […] Massena si portò in Calabria non appena Giuseppe ne decretò lo stato di guerra; il suo programma era semplice: pochi ma durissimi esempi avrebbero ricondotto quelle popolazione alla ragione” (Antonio Puca, op. cit., pp. 420 – 421) . L’invio di nuove truppe consentì ai Francesi la riconquista della regione nella seconda metà del 1807: “ Con la caduta di Reggio e Scilla, ultimi baluardi su cui sventolava la bandiera grigliata dei Borboni, l’insurrezione scompare come fenomeno storico-sociale dalla Calabria del Decennio […] l’insorgenza è brigantaggio a tutti gli effetti” (Antonio Puca, Ibidem, p. 423). La regione lentamente supererà le ferite del conflitto e farà parte integralmente del Regno di Giuseppe Bonaparte prima e Gioacchino Murat poi, godendo, per quanto le precarie condizioni economiche e sociali lo consentissero, delle riforme realizzate dai due nuovi sovrani.