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“E quando la fede tramonta è perché prima è tramontata la giustizia” Jan Patocùka, (filosofo).
A volte capita di sentire di perdere la fede. Ti fermi e pensi alle fatiche che ti costa ma anche alle ricchezze che ti regala. E quando inizia a vacillare perché sei stanca o pensi che non ti esaudisca, ripercorri il tuo cammino e anche le tue soste. Quando pensi di mollare, ricordi i tuoi arretramenti, ma poi non lasci mai la fede. E ti chiedi il motivo. Saresti più solo, più smarrito, più orfano, più vedova. E, nel cammino sai che sperimenterai quasi sempre problemi e incidenti della vita. Quindi capisci che devi custodirla perché altrimenti si può anche esaurire. Poi succede che ogni volta che leggiamo di una conversione, questa viene festeggiata. Ma ci siamo chiesti se esistono anche situazioni al contrario. Nel silenzio del cuore e forse anche nella sofferenza magari si rivela una liberazione.
Ma come si potrebbe descrivere la perdita della fede? Per ognuno sarà e avrà un suo mistero. Se si legge la parabola del giudice disonesto, l’evangelista ricorda come Dio è leale e giusto. Il suo contrario. È del mistero di Dio e del suo agire. E quando nella storia ci sono superbi, e i giusti soccombono, insegna che fede e giustizia sono legate. “Giustizia verso il singolo, giustizia verso il mondo, vocazioni prime dell’uomo che annodano fede e giustizia”, ricordava Simone Weil, filosofa, scrittrice e mistica francese. “Quelli che posseggono allo stato puro l’amore per il prossimo e l’accettazione dell’ordine del mondo, compresa la sventura, (come si legge nella lettera a un religioso di Weil,) sono tutti sicuramente salvati, anche se vivono e muoiono in apparenza atei. Coloro che posseggono perfettamente queste due virtù anche se vivono e muoiono atei sono santi. Quando si incontrano uomini siffatti, è inutile volerli convertire. Essi sono pienamente convertiti, sebbene non in modo visibile. La carità e la fede sebbene distinte, sono inseparabili”, per Weil. La scrittrice è morta a soli 34 anni. Ha rivolto domande alla chiesa cattolica nelle sei missive indirizzate al gesuita Joseph Marie-Perrin, pubblicate postume in una raccolta dal titolo, “Attesa di Dio”. Una di queste fu indirizzata anche al domenicano francese Marie Alain Couturier, dal titolo “Lettera a un religioso” e scrisse nel “Il Dio di Gesù Cristo non può volere le persone mutilate del cuore e della ragione.” Non le interessava il rito esteriore del battesimo senza la certezza interiore di essere in piena sintonia con la chiesa. È una risposta al dramma di tanta gente la frase: “Cristo si, la chiesa no”.