Lamezia, la testimonianza del dottor Giovanni Paola: “Quando la vita vince sulla fragilità”

casa-di-curao_3f03d.jpg

Lamezia Terme – Dopo una lettera di ringraziamento al personale di una casa di cura il dottor Giovanni Paola interviene in merito all’attestato di stima “da parte di una gentile signora, la quale si rivolgeva a tutta l’equipe sociosanitaria ed alla Proprietà di una Casa di Riposo (“Villa Marinella”) di Amantea, per esprimere un globale sentimento di gratitudine”.

“Da sottolineare che tali espressioni avvenivano di seguito al decesso della mamma, ospite da tempo nella nostra ‘Casa’. Parole quindi, da parte della signora, non conseguenti alla soddisfazione per un intervento medico salva-vita, come solitamente accade ‘a caldo’, ma frutto della consapevolezza e della maturata convinzione di protratti atteggiamenti virtuosi prodotti dal nostro gruppo di lavoro a beneficio degli ospiti della struttura. Un attestato pubblico di tale qualità produce effetti significativi in tema di gratificazione per i lavoratori impegnati nell’assistenza alla terza età. Il tema del ‘Fine Vita’ è molto dibattuto per la delicatezza umana che si accompagna a tale fase e per i risvolti psicologici e sociali che ne derivano. Oggi gli ‘anziani’ costituiscono una fetta di popolazione molto ampia e gli attuali studi scientifici ci informano che, all’evidente aumento della ‘quantità’ della popolazione adulta, non c’è un altrettanto miglioramento della ‘qualità’ del loro vivere. La terza età viene posta, molte volte, ai margini della società ed è spesso relegata in un abbandono sociale. Si assiste inermi alla parabola discendente, dove il valore umano si trasforma da “risorsa”, tipica dell’uomo che produce, a un “peso” per la società. Anche i rapporti affettivi subiscono un ingiustificabile declino. Si instaura perciò una devastazione psichica, individuale e collettiva, che pervade in modo pressoché stratificato, per tutto il periodo, più o meno lungo, del fine vita. Quello che dovrebbe essere auspicabilmente il momento della vita più “sostenuto”, si trasforma talora in un incubo che apre talora nella più cupa depressione. Da qui le classiche immagini iconiche, emblematiche di desolazione ed abbandono. Lavorare in una residenza per anziani, significa dover essere molto performanti e capaci di supportare le fragilità fisiche e psichiche, tipiche dell’anziano, specie quando è costretto ad abbandonare il proprio ambiente domestico. La tipologia classica dell’ospite che giunge in una Casa di Riposo oggi, è quella di un soggetto anaffettivo, a ‘Capo Chino’ con volto tirato e triste, mai sorridente, privo di progettualità e poco proteso alla socializzazione. L’impegno di un gruppo di lavoro, all’interno di una residenza per la terza età, è quello di ripristinare la vitalità individuale e collettiva, di creare stimoli e progettualità, ma anche di saper dare e ricevere sorrisi. Deve avere una carica psicologica costante, da utilizzare per mantenere sempre in equilibrio i rapporti con tutti gli ospiti per trasmettere affettività e mantenere un clima di massima serenità. Tutte le figure professionali, all’interno di un contesto di una Casa di Ospitalità per Anziani, sono indispensabili ma devono armonizzarsi tra loro e funzionare come un’orchestra per dare risposte corali, di qualità e, soprattutto di sensibilità. Il vero riscatto dell’anziano, ospite in una comunità, lo si vede quando, sotto la sapiente regia degli animatori, canta, balla, esalta lo spirito e si diverte insieme agli altri, in una autentica promiscuità dove si confondono operatori ed ospiti. Ma certamente il momento più esaltante, per i familiari degli ospiti di una Comunità e per tutto il suo contesto Lavorativo, è il raggiungimento di un sorriso, a pieno volto, di tutta quella fascia di popolazione: è il trionfo dell’uomo sulla fragilità”.   

© RIPRODUZIONE RISERVATA