Lamezia Terme – Un gruppo di volontarie che seguono i cani del cosiddetto “branco della rotatoria” riflettono sul fenomeno del randagismo in città proponendo delle possibili soluzioni al Comune e agli Enti proposti a risolvere il problema con soluzioni meno drastiche per i cani.
“Il 29 gennaio - raccontano - sono stati accalappiati diversi cani del cosiddetto “branco della rotatoria”. Sono cani sterilizzati, accuditi e monitorati da alcune cittadine che per pura passione e sensibilità si sono interessate al flusso di randagi che da decenni popolano in continua alternanza, il territorio di Lamezia”. Le volontarie ricordano che è più o meno dal 2017 che ci sono questi cani “tutto è iniziato per necessità con l’accudimento della prima cucciolata segnalata nel terreno adiacente ad un supermercato, e dato che nessun altro poteva occuparsene, nonostante la nostra inesperienza, ci siamo prodigate con le nostre forze per fare adottare i cuccioli e con l’aiuto di alcuni volontari di zona abbiamo pianificato le prime sterilizzazioni sia economicamente che concretamente. Il branco era formato da cani maschi e femmine vissuti sempre liberi e fobici per le cattiverie subite dalle persone”.
E, proseguono: “Nessun ente, né Asp né Comune ci ha mai interpellato per condividere soluzioni possibili”. Sarebbe opportuno, evidenziano “provvedono alla microchippatura o ad eventuale sterilizzazione per poi lasciarli liberi di uscire da soli”. Le volontarie rassicurano: “I randagi che noi abbiamo accudito e che accudiamo non sono assolutamente aggressivi. Non si possono definire aggressivi perché rincorrono le auto o perché qualcuno decide di passare con il proprio cane da lì. Loro difendono un territorio, abbaiando, e chi passa volutamente da lì con cani di piccola o grande taglia sa di poter rischiare, quanto meno un abbaio più incisivo di altri”. Ora, dopo l’intervento dell’accalappiacani, dicono “ci sentiamo arrabbiatee sconfitte soprattutto se non cambia l’atteggiamento di chi dovrebbe provvedere alla loro salvaguardia (Asp in primis e Comune): bisogna lavorare sulla prevenzione e non alla detenzione a vita”.
Infine, per una civile e proficua collaborazione con gli Enti sostengono: “l'accalappiamento non risolve il problema: per 10 cani chiusi in canile ce ne saranno altri 100. Se si continua con questa strategia del rinchiudere i cani al canile lasciando che i veri colpevoli continuino indisturbati, si è perso solo tempo. Abbiamo chiesto al comune maggiore collaborazione e di avere un terreno confiscato dove poterli spostare ma la risposta è stata no! Noi siamo disponibili per un dialogo nel quale si possano mettere sul tavolo le reciproche responsabilità e ruoli. Lavorare su un progetto per i cani di quartiere tranquilli in numero contenuto, rispetto alla molteplicità di un solo branco e via dicendo. Il randagismo è un problema che riguarda tutta la comunità e va risolto insieme”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA