Lamezia Terme - L’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes si celebra, ogni anno ormai dal 1992, la Giornata Mondiale del Malato, a cui seguirà il prossimo 6 aprile il Giubileo degli Ammalati e del Mondo della Sanità. “Consapevoli del fatto che solo in punta di piedi è lecito accostarsi al cuore di una donna o di un uomo ammalato, solo in punta di piedi e sentendo nel proprio cuore che quella fragilità misteriosa del corpo di un altro è un’esperienza condivisa, e allo stesso tempo una vicenda personale e incomunicabile, abbiamo accolto ancora una volta l’invito dei nostri Parroci, i Frati Minimi di San Francesco di Paola, a vivere un’ulteriore esperienza insieme al gruppo giovanile della Parrocchia”. Il motto - ha guidato i ministri straordinari dell'Eucarestia della parrocchia San Francesco di Paola per l'iniziativa "Una primula per la vita" - è stato quello del Santo Patrono, che diceva di compiere “ogni cosa per amore e niente per forza”, mettendoci tutto il nostro cuore.
È così che, interpretando le parole di Papa Francesco (“uscite per le strade delle vostre parrocchie e andate a cercare gli anziani che vivono soli. La vecchiaia non è una malattia, è un privilegio”) raccontano in una nota “abbiamo visitato gli ammalati, in maniera nuova rispetto al nostro solito (quando sistematicamente portiamo loro l’Eucarestia), insieme ai giovani della Parrocchia che, a partire dall’Avvento, stanno facendo un percorso formativo sui temi del Volontariato e della Carità, che li conduce a comprendere sempre più che il luogo privilegiato in cui si manifesta, cresce e si esprime la carità è l’incontro. Educare alla carità è una sfida meravigliosa: è cercare di proporre atteggiamenti e sguardi che con semplicità sappiano trovare concretezza negli incontri di tutti i giorni, all’insegna dell’amore che si fa relazione. Ecco perché i nostri Frati Minimi e gli educatori del gruppo giovani hanno pensato di proporre loro di fare visita agli ammalati della parrocchia, accompagnati dai Ministri straordinari dell’Eucarestia, per incontrarli in un momento ordinario dell’anno: la carità ha, infatti, il passaporto per qualunque luogo di vita, non può essere isolata e ghettizzata solo in quegli eventi straordinari che, per quanto ricchi e fecondi, rappresentano una piccola percentuale dell’attività relazionale (attività di volontariato, viaggi di solidarietà…). Ben volentieri noi Ministri straordinari abbiamo accolto la loro proposta, perché abbiamo notato interesse, motivazione e curiosità a vivere questa esperienza, peraltro arricchente e valida anche per noi. Nel periodo di Natale, come segno tangibile, hanno portato nelle case la calda Luce di Betlemme; per la XXXIII Giornata del malato, che quest’anno ha avuto come tema “Prendersi cura di lui”, a questi fratelli e sorelle hanno offerto una piantina di Primula, “Una Primula per la Vita”, come segno di speranza, conforto, solidarietà e carità, come testimonianza concreta dell’Amore di Dio verso di loro che sono nel bisogno e nella necessità di parole, visi, sguardi, sorrisi, freschi e sinceri di gioventù”.
“Descrivere la gioia, la gratitudine e l’attenzione dimostrata da questi cari ammalati non è semplice – dichiara Tina Di Cello - , certe situazioni bisogna viverle di persona, farsi prossimi a chi soffre dando vicinanza e solidarietà, per essere strumenti di speranza e di conforto, testimoni della misericordia di DIO come ci ricorda sempre il Papa. L’empatia dimostrata dai giovani ha reso facile, anche nei casi più difficili, gli incontri. Pregare insieme, ascoltarsi a vicenda, salutarsi affettuosamente e promettere di ritornare è la dimostrazione concreta di quanto sono ben accetti questi momenti sia da parte dei giovani che degli anziani, oltre che dai loro familiari che, in alcuni casi, insieme alle persone che li accudiscono, hanno partecipato spontaneamente e ne sono stati grati ed entusiasti. È auspicabile che di questi momenti se ne organizzino spesso per educare alla fraternità e alla costruzione di legami tra generazioni, considerato che tali valori si stanno svilendo”.
“L’essere anziano è un dono di Dio e la ricchezza degli anni è un tesoro da valorizzare – afferma Maria Grazia Ferragine - . Questa esperienza con i giovani è stata davvero meravigliosa ha toccato il cuore di tutti, soprattutto dell’anziana ammalata che abbiamo incontrato insieme ai nostri giovani. Riuniti tutti in preghiera era come fossimo un tutt’uno nel lodare il Signore, gratificati di tanta grazia ci siamo ripromessi di ripetere l’esperienza”. Per Rina Vescio “questi due incontri (il primo è stato quando abbiamo portato la Luce di Betlemme) li ho trovati molto significativi e pieni di emozioni sia per gli anziani che per i giovani. Ogni incontro è iniziato con un timido saluto per poi continuare con domande, ricordi, racconti di vita, qualche preghiera, un canto. Da ripetere”. Parole alle quali si aggiungono quelle di Titina Pullia che parla di “bellissime esperienze, grande l’entusiasmo e l’emozione degli anziani e dei giovani che hanno ascoltato con interesse e ammirazione le loro parole e preghiere. È da ripetere”.
“Queste iniziative si sono rivelate positive per l’incontro dei giovani con gli ammalati della nostra parrocchia – afferma Maria Luisa Greco -. Ragazzi belli e solari, convinti di conoscere persone con molte fragilità; si sono presentati al capezzale degli ammalati con la naturalezza e la gioia provenienti dalla loro età. Hanno spiegato il motivo della loro presenza e dei loro gesti. Gli ammalati a loro volta hanno aperto i loro cuori, non potevano farsi sfuggire queste occasioni. Una in particolare ha raccontato che buona parte della sua vita l’ha utilizzata a servizio della Chiesa in tutte le mansioni. Si è stabilito un clima di fiducia reciproca, alcuni fra le righe hanno espresso il concetto di sofferenza e solitudine che si vive nella malattia e il bisogno di sentirsi uniti e solidali in questo percorso particolare di vita. I ragazzi sono rimasti ammirati dall’accoglienza e dalla forza che traspare nella fragilità”. “Ho accettato volentieri di accompagnare i giovani in questa esperienza d’incontrare gli ammalati – conclude Gasperino Famularo -, perché devono conoscere la realtà della fragilità a cui si va incontro con il passare del tempo. Sono rimasti contenti per l’accoglienza e gl’insegnamenti ricevuti: l’accettazione della malattia e affrontarla con la fede e la preghiera continua. I malati hanno gradito la visita e li aspettano”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA