Famiglie a bassa intensità lavorativa, a Lamezia nel 2019 erano il 55,2% - Dati

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Roma - Il 55,2% delle famiglie della città di Lamezia Terme, nel 2019, hanno vissuto in condizione di bassa intensità lavorativa. Il dato che emerge da una recente elaborazione effettuata da Openpolis su dati Istat raccolti fino al 2019 (pre-pandemia). Lo studio, arriva a ridosso del 20 febbraio, in cui ricorre la Giornata mondiale della giustizia sociale. Evento promosso dall’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) con l’obiettivo di sensibilizzare sul tema e incentivare azioni concrete a livello internazionale. I dati raccolti da Openpolis indicano come molte famiglie risultino sottoccupate rispetto al loro effettivo potenziale. Si parla di nuclei in cui le persone che sarebbero in grado di lavorare – al netto dei componenti che studiano – lo hanno fatto per meno del 20% del loro effettivo potenziale. A livello territoriale il fenomeno, ricostruibile fino a prima dell’emergenza Covid e solo per i comuni oltre 5000 abitanti grazie ai dataset di Istat, mostra un aumento dal 44,1% del 2017 al 48,4% del 2019 nei territori considerati. In questi comuni, la quota di famiglie anagrafiche in condizione di bassa intensità lavorativa è cresciuta di oltre 4 punti.

Calabria in testa alla classifica

Con la sola eccezione della Liguria (52,4%) sono le regioni meridionali a far registrare la più alta incidenza di famiglie a bassa intensità lavorativa. La quota più alta è quella della Sicilia con il 58%. Seguono Calabria (57,5%), Campania (53,1%) Puglia (52,9%), Molise (51,4%) e Sardegna (50,8%). Questi livelli - rileva Openpolis - possono essere spiegati da un lato con la bassa occupazione femminile che caratterizza il nostro paese in ambito europeo, specialmente per le donne con figli; dall’altro con la presenza del lavoro sommerso che, come noto, è molto alta nel nostro paese.

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A Cosenza e Crotone le percentuali più elevate

A livello di comuni capoluogo, le 3 città in cui si registra la percentuale più alta di famiglie a bassa intensità lavorativa si trovano tutte in Sicilia. Si tratta di Catania (60,6%), Palermo (58,6%) e Trapani (58,5%). Il primo capoluogo non siciliano è la pugliese Taranto (58,6%). Le percentuali più basse si trovano invece a Prato (40,2%), Reggio Emilia (42,3%) e Trento (43,9%). Scomponendo il dato a livello territoriale, con riferimento al 2019, Catanzaro si attesta 50,2%, Cosenza 57,9%, Reggio Calabria 56,7%, Crotone 57%, Vibo 54,3%.

B. M.

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