Lamezia, Carlo Buccirosso ritorna al teatro Grandinetti con 'Il vedovo allegro': “L'ironia aiuta a vivere”

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Lamezia Terme - Tutto esaurito per la commedia in scena ieri sera al Grandinetti “Il vedovo allegro”, scritta, diretta e interpretata da Carlo Buccirosso, e inserita nella Stagione Teatrale realizzata dall’Associazione “I Vacantusi”. Artista versatile, vincitore di un David di Donatello, molto noto anche sul grande schermo, dove ha lavorato con grandi nomi come Carlo Vanzina, Vincenzo Salemme e Paolo Sorrentino – dal quale è stato diretto nel successo cinematografico “La Grande Bellezza” –, Buccirosso ritorna sulla scena del Grandinetti e racconta con l’abituale intelligente ironia temi sociali importanti come la fecondazione eterologa, l’omofobia, e i tanti drammi della società postpandemica, regalando momenti di comicità assoluta, e di spettacolare napoletanità.

Lei è un artista poliedrico, ha fatto sia cinema che teatro che televisione. Dove si diverte di più, e qual è la differenza per lei?

“Indubbiamente per me la cosa più divertente è il teatro: lì sono io a scrivere i testi, a dirigere, a interpretare, a scegliere le compagnie di attori con cui lavorare. A teatro faccio le mie commedie, dunque sta al primo posto. Il cinema è un’altra dimensione. Lì sono sempre diretto da un altro regista, ma so fare le mie scelte: leggo con attenzione le sceneggiature e decido cosa accettare – non nascondo che d’aver fatto tante rinunce, nei casi in cui il ruolo proposto non mi convinceva. Quando mi piace invece metto molto del mio, riesco a modellare il personaggio in senso comico, quello che dice, e mi viene sempre lasciata grande libertà, perché il film funziona anche grazie a questo. Del resto, nessuno può mettere in bocca a un attore le parole da dire, se sa come va dette per produrre comicità. In questo senso, a me piace interpretare ruoli di mezzo, che hanno a che fare con l’uomo medio, con la realtà”.

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Questa commedia prende spunto dal tracollo di un personaggio che subisce le conseguenze negative della pandemia. Quanto è importante oggi riuscire a ridere e ironizzare su quello che abbiamo vissuto in quel periodo?

“Ѐ importante ridere sempre, trovare il lato ironico di qualsiasi tipo di evento – perché aiuta a vivere –  ma non sempre ci si riesce subito: solo dopo magari si ricordano con il sorriso situazioni che in principio ci apparivano tragiche. Il mio compito è proprio di trovare subito quel lato, e questa è proprio quel tipo di commedia che ci riesce. La partenza, infatti, non potrebbe essere più drammatica: il protagonista perde moglie e lavoro a causa della pandemia, e ne esce malissimo. Ma si rimbocca le maniche, e tutto quello che gli accade dopo, divertente e pure apparentemente paradossale, è molto vero. Si tratta di cose che accadono nella realtà, ma anche di argomenti delicatissimi, e per metterli in scena ho dovuto averne cognizione, studiare, imparare delle cose nuove. Il risultato è stato questa commedia, una delle più riuscite del mio repertorio, forse la più matura. Lo capisco dalla risposta del pubblico, che sempre mi fa capire cosa è giusto e cosa no, e di cui mi fido più che dei critici”.

Come escono dalla pandemia il teatro e il cinema italiano? Ci sono possibilità di ripresa?

“Il cinema un po’ male, perché la pandemia ha incentivato la scelta e la proliferazione delle piattaforme. Il teatro invece bene, perché la gente ha capito quanto sia importante incontrarsi veramente e vedere dal vivo uno spettacolo. Certo ora c’è bisogno di mantenere il trend e soprattutto di fare del buon teatro. Io sono onesto con il pubblico, prima di uno spettacolo faccio anche quattro mesi di prove, investo nella scenografia e nei costumi, produco non più di un lavoro ogni due anni. Non mi risparmio, e desidero che il risultato finale sia molto accurato”.

Lei era già stato a recitare a Lamezia, che idea si è fatto della città?

“Avete uno splendido teatro, c’è una grande partecipazione: torno con piacere, anche perché trovare il sold out è sempre bellissimo”.

Giulia De Sensi

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