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“In forza della loro missione, che li pone a diretto contatto con la gente, i presbiteri sono chiamati a costruire autentiche relazioni personali in un contesto dominato dalla sofferenza della solitudine.” Si avvicina la festività della Resurrezione di Gesù Cristo, ci siamo chiesti come mai alcuni sacerdoti e suore non riescono a coinvolgere o meglio ad ascoltare e a dare conforto ai fedeli.
Le testimonianze che ho raccolto raccontano di suore che non sorridono mai, che non sono dolci e che non hanno mai tempo per ascoltare gli altri. I sacerdoti, alcuni sembrano dei veri e propri manager, sempre di corsa, indaffarati, con mille faccende da risolvere. Ricordo il mio prete dell’infanzia, don Azio che era la calma e la tranquillità in persona, oltre a essere sempre simpatico e ascoltava un centinaio di persone e di tutte conosceva problematiche e nomi.
Naturalmente esistono i sacerdoti che hanno un carattere vicino a Papa Francesco ma ci sono anche quelli che sul pulpito si esprimono come dei filosofi e nel confessionale sono disumani. La disumanità è un altro termine che mi è stato confidato da coloro che cercano Dio tramite i suoi ministri ma non sempre ci riescono. Le suore, oltre a cantare nei cori, non chiedono mai ai fedeli se stanno bene o se vogliono parlare. Non tutti si rivolgono agli psicologi, per le loro crisi esistenziali, alcuni cercano risposte alla loro esistenza e avrebbero bisogno di una risposta teologica.
Ma, questi sacerdoti barra manager e le suore sono lontani e tristi, non di certo aiutano a riempire le chiese e a avvicinare i fedeli che sempre di più si sentono smarriti e soli perché chi dovrebbe avvicinare le pecorelle smarrite è troppo preso dai compiti della propria parrocchia, o dai convegni. Ho avuto una zia suora. Non sorrideva mai ma, per fortuna, con don Azio ho capito come dovevano essere i sacerdoti. Ho parlato con le clarisse ad Assisi, profonde e ti scuotevano nell’animo solo guardandole e ho avuto la fortuna di conoscere delle suore di colore in un convento di Napoli.
Avevano il sorriso e la dolcezza della più bella delle madri. Non sono influenzata dal giudizio perché alcuni giornalisti hanno testimoniato con documenti l’attaccamento di cardinali al potere e ai soldi. È un giudizio che parte da un punto di vista umano. Il cattolico cerca i ministri di Dio per i momenti di smarrimento e le suore per ricordarsi che la Madonna non li abbandona mai. Se questo viene a mancare…
«L’identità del presbitero è connotata essenzialmente in senso relazionale: inserito sacramentalmente nel presbiterio, in comunione con il vescovo, il prete è l’uomo al servizio di tutti» Come parroco, come confessore, come guida spirituale il prete incontra confratelli, fedeli, giovani, anziani e ammalati, poveri, “lontani” ed è chiamato ad instaurare con loro un rapporto di accoglienza-relazione. Il celibato, anziché ostacolare tale atteggiamento, lo favorisce. La sua “libertà” lo rende disponibile verso tutti.”
Le frasi tra virgolette sono state estrapolate dal libro di Giuseppe Fossati, La Mistica dell’incontro. Il prete, uomo della relazione, Collana «Cammini di Chiesa», EDB, Bologna 2016