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A 30 anni sempre al ristorante… ma caffè letterari e partite di golf? Quando ero bambina il mio papà ogni tanto per lavoro andava a cena fuori con amici o con colleghi per questioni di lavoro. Accadeva molto di rado perché preferiva rincasare il più delle volte, era stanco per il lavoro. Era ingegnere edile. Oggi mi capita di ascoltare le generazioni dei trentenni che ogni sera cenano fuori casa. Vivono la maggior parte con i genitori e quindi non dovrebbero neanche provvedere a cucinare o a fare la spesa. Guadagnano, ma non da potersi permettere un tenore di vita così elevato. Però fino a quando i genitori lo permettono, ben venga. Il fulcro del pezzo non è sul tenore di vita o nel tenere i conti in tasca, ma il volere capire perché anziché sei su sette sere non cambiano registro, giusto così per non annoiarsi ad aprire Menu su Menu a percorrere chilometri su chilometri per un tipo di cucina. Aereo, taac! Expo, taac! Cucina mondiale taac! Spesa minima per il viaggio e il mondo della cucina in un, taac!
Però poi? Nella vita oltre a questo piacere, o forma di sopravvivenza, si potrebbe dedicare del tempo e del cibo a sfamare i signori della Caritas (un giorno a settimana). Si potrebbe creare un caffè letterario per discutere di libri, recensioni e quant’altro. Si potrebbero percorrere chilometri per provare a giocare a golf. Si potrebbe far visita agli anziani e regalare loro dei cibi diversi da quelli che hanno provato nella loro vita. Si potrebbe risparmiare una cena su sette e devolvere la cifra alle persone che ogni giorno fanno fatica a sfamarsi, siano essi a distanza che nelle chiese vicino casa. Non critico chi ogni sera cena fuori casa, rispetto le scelte degli altri, ma se si potesse applicare nel quotidiano gli insegnamenti di questo papa tanto amato ma così poco ascoltato… si vivrebbe meglio!