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Se si percorre la città si può percepire la presenza di molte ombre sinistre, prodotte da corpi che impediscono il passaggio della luce. Per colpa di questi profili umani dai contorni netti, persone in carne e ossa, Lamezia brancola nelle ombre, sempre più fitte. Basta dare uno sguardo ad alcune opere pubbliche per comprenderne lo spessore umano, intellettuale, politico. Comunque, niente a che vedere con quell'ombra leggera, a maglie nette, impressa sul muro di casa Lucio Dalla e visibile anche al buio: traccia profonda nella storia della cultura. A Lamezia è sufficiente “saper vedere l'architettura” – dal titolo di un libro tra i più significativi di Bruno Zevi – per comprendere gli effetti gravi delle ombre sinistre che da anni aleggiano sulla città. Non si tratta semplicemente di riflettere sulle modalità dell'utilizzazione del danaro pubblico contro la città stessa, contro la sua storia, contro la sua funzionalità, ma soprattutto contro la sua economia (parametro comune a tutti per la comprensione della condizione attuale di questa città). Ci sono opere che proiettano un'ombra pesantissima sul lavoro, sull'economia di Lamezia, che annaspa disperatamente fino ad essere costretta a dirigersi carponi, e pericolosamente, verso la sala di rianimazione di un ospedale da rianimare a sua volta.
Fino ai primi anni del Duemila il benessere della città veniva percepito dalle vetrine e dalle luci di quegli spazi pubblici che rinviano a una storia illustre (corso Numistrano, corso Nicotera, Piazza Italia, ecc.). Ora sui muri si legge l'ombra pesante di cartelli di negozi in offerta di realizzo, in svendita, come un tempo non lontano indumenti, capi d'abbigliamento. Un cartello affisso accanto allo stipite dell'ingresso di una pizzeria di Piazza d'Armi parla di un'offesa alla città. Ora quella saracinesca sembra più pesante (“ante operam” aveva una sua leggerezza, la gioiosità del nuovo giorno che incomincia), ora cigola, gli ingranaggi e le guide sono sempre più arrugginite. Quel cartello sarebbe stato meglio non averlo mai letto. C'è scritto “vendesi attività prezzo affare”. Da poco l'attività era stata ceduta da un precedente artigiano, che con le proprie mani aveva cercato di ricavare il pane per sé e i propri figli. Questo dà la dimensione di un dramma, che riguarda purtroppo molti, perché Lamezia è una città interamente e inutilmente in vendita per colpa di politici collusi, con imprenditori privilegiati, con liberi professionisti dai colletti bianchi, di politici semplicemente collusi con se stessi, di cui la magistratura ancora stenta a delineare i contorni. La Direzione distrettuale antimafia indaga. Vedremo.
Molti pensano che la colpa del disastro di Lamezia sia di invisibili e per giunta lontani. Altri ritengono che sia colpa della maledetta globalizzazione. Le due cose hanno in comune l'inafferrabilità, per questo fa comodo parlare di un Sud delle coscienze, l'Inferno raccontato da Giorgio Bocca .
I nemici di Lamezia sono invece vicini, come la Cina d'un tempo. I responsabili del disastro sono in casa, fatti di carne e ossa, che hanno visto la città come un luogo su cui esercitare la nefasta esperienza personale per proprio esclusivo vantaggio e per un cerchio magico allargato, vera macchina da guerra costruita tanto per la distruzione della città quanto per un vile consenso elettorale, da esportare, purtoppo altrove, carrozzoni compresi.
Molte dimostrazioni di verità spettavano alla magistratura che ha proiettato ombre cinesi sulla città, finanche ombre rom, poi materializzate in quelle periferie urbane che gridano ancora vendetta, a dimostrazione del fatto che il muro della falsa antimafia ha funzionato. Infatti, nessun magistrato ha osato oltrepassare il confine di quel recinto di privilegiati che è l'intero sistema politico dei professionisti dell'antimafia, nonostante la città abbia gridato scandali. La verità è che è più semplice mettere le manette a delinquenti comuni con la pistola fumante in mano.
Sui muri della città, sulle strade, sugli spazi pubblici di Lamezia rimangono ancora ombre inafferrabili, di personaggi che resteranno nella modesta storia di questo modesto paese di periferia cresciuto male, deforme, pieno di gibbosità e buche. Le peggiori ombre sui muri di Lamezia – parafrasando Vito Teti – sono state proiettate da una magistratura e da una politica troppo spesso a braccetto come il Nord e il Sud negli aspetti peggiori, uniti soltanto nei particolarismi, nell'assenza del rispetto delle regole, nella devastazione del paesaggio e delle anime. Una brutta pagina della storia di questa città.