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“Uno storico catanzarese, Augusto Placanica, ha scritto che natura e cultura hanno diviso i calabresi tra loro e con il resto del mondo. È ambizione della Giunta regionale operare affinché la tutela delle comunità locali, della loro identità, della loro storia e del loro patrimonio relazionale e culturale, sia assicurata da più solide reti organizzative e amministrative in grado di aumentare i servizi ai cittadini, che costituiscono il metro ultimo della validità delle riforme auspicate”. Queste parole sono state pronunciate dal vicepresidente della Giunta Regionale, il prof. Antonio Viscomi, alcuni giorni fa nell’aula del Consiglio Regionale, in occasione della discussione di un progetto di legge sulla fusione dei comuni. Non è una citazione sopra le righe o troppo roboante per un atto di legge ma una citazione che mette il dito in una delle tante piaghe che affliggono la democrazia e la società tutta dalle nostre parti.
L'attuale articolazione delle amministrazioni comunali in Calabria – segnata dalla presenza di 409 comuni, di cui più della metà con meno di 3000 abitanti – non è infatti pienamente idonea ad affrontare le sfide di una necessaria modernizzazione orientata alla riqualificazione dei servizi resi ai cittadini, alla razionalizzazione dei costi, alla riduzione dei rischi di infiltrazione criminale e al contrasto alle pratiche corruttive.
La giunta regionale reputa che la doverosa tutela delle comunità locali - patrimonio essenziale sul piano culturale e identitario, ma anche funzionale alla stessa tenuta della coesione sociale - possa e debba essere meglio assicurata da una necessaria ridefinizione dell'assetto delle amministrazioni locali orientata nel senso predetto. I processi di fusione in atto sono, dunque, un significativo passo in avanti nella prospettiva indicata, se e a condizione che gli stessi processi trovino fonte e origine in dinamiche democratiche tali da valorizzare l'apporto partecipativo delle comunità locali.