Lamezia Terme – Saverio La Ruina è tornato sulla scena del Teatro Grandinetti di Lamezia Terme, ospite della terza edizione della rassegna culturale “CalabriaTeatro”, diretta da Diego Ruiz e Nicola Morelli. Con lui ha portato “La Borto”, monologo recitato interamente in dialetto, con ritmo serrato e incalzante, toccando profondamente l’animo degli spettatori.
"Il palco è aperto, una vecchia sedia sul ciglio, una figura che attende seduta in un gioco di luci e ombre. Sullo sfondo la musica discreta e ipnotica di Gianfranco De Franco, eseguita con le spalle al pubblico, come a non voler disturbare il racconto, ma piuttosto accompagnarlo da dentro, come un ricordo che torna e resta. La Ruina entra senza rumore nella vita di Vittoria, una donna convocata in sogno dinanzi a un tribunale celeste, per rispondere del “delitto” d’aborto.
Ma è un’accusa che in scena si trasforma, più che inchiodare, libera. Più che condannare, restituisce voce e per la prima volta, forse, Vittoria parla. Non urla, non si difende con foga. Racconta. E il racconto è la sua arma, la sua resurrezione e la sua giustizia. Vittoria ha appena tredici anni quando la povertà della sua famiglia le impone un matrimonio. Da allora, è una vita fatta di gravidanze sfiancanti, di un marito “sciancato” e gentile solo per poco tempo, di notti e giorni che non sono vissuti, ma a stento superati.
Parla nella sua lingua, quella materna, antica, con una calma che atterrisce. Non si giustifica, Vittoria, mostra. Mostra cosa significhi esistere senza mai avere scelta, amare senza mai essere amata, sopravvivere dentro un corpo che diventa campo di battaglia. In un’ora e mezza, La Ruina non interpreta ma “diventa”. Con una precisione da cesellatore, ingigantisce piano piano la figura di Vittoria fino a farne un archetipo, un simbolo universale.
Il processo si capovolge, come una bilancia che trova finalmente l’equilibrio. E Vittoria vince, come il suo nome già sapeva. Non perché assolta, ma perché ascoltata. Il titolo stesso, “La Borto”, è una frattura linguistica che annulla il giudizio: la parola “aborto” si sgretola, si rifiuta come condanna.
È il teatro che restituisce umanità a ciò che troppo spesso viene ridotto a ideologia. E così, a fine spettacolo, quella vecchia sedia resta sul palco. Non vuota. Ma colma di tutte le Vittorie che non hanno mai avuto voce.
Lo spettacolo, realizzato da Scena Verticale, è inserito nel progetto “CalabriaTeatro” Terza edizione, cofinanziamento bando Distribuzione teatrale triennio 2022/2024 – Psc Calabria e Legge regionale n.19/2017 e realizzato dall’associazione teatrale “I Vacantusi” di Lamezia Terme".
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