A ognuno il suo Himalaya. Il mio sta all’anagrafe degli estinti

Scritto da  Pubblicato in Francesco Bevilacqua

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Ieri, domenica 21 dicembre 2014, Panetti, minuscolo villaggio di Platania. 500 metri di quota. Poche case di pietra, quasi tutte disabitate. Nel cuore della valle del Torrente Piazza. Alle falde sud del Monte Reventino. Luogo perduto, che quasi nessuno conosce. Vi abitano poche famiglie. Che vivono di pensioni e di agricoltura. Eroi. Geni custodi dei luoghi. Per chi vive in città non esistono. Sono iscritti ad un anagrafe speciale, quello degli estinti. Parliamo coi fantasmi. Dai volti dolci ed affabili. Miti ed ospitali. Vecchi che zappano negli orti aulenti e la sera siedono intorno al focolare. Ci indicano il nuovo sentiero per salire a Sambate (le vecchie vie sono ormai obliate). 400 metri più in alto. Pecore. Cinghiali. Castagni. Ontani. Cerri. Rovine di antiche masserie. Castagnare. Ecco Sambate. Ancora eroi. Ancora fantasmi. Attraversiamo pendii strappati al bosco. Fino al crinale. Lungo la sequela di cime: Tombarino, Capo Bove, Monte Faggio. Altri 400 metri più in alto. Da dove un mondo intero si squaderna ai nostri piedi. Guardiamo quei crinali a perdita d’occhio. Li immaginiamo infilzati di gigantesche pale eoliche. I nostri cuori si stringono.

E’ questa percezione del paesaggio che produce affetto i luoghi, che rigenera la memoria, che produce identità ed ideazione, come spiega Umberto Galimberti. Poi la nebbia tra i pini. Il sudore che fuma dai nostri corpi. Il freddo. La Pietra del Corvo, la rupe che il poeta Vittorio Butera riconosceva dalla sua casa a Conflenti, spalancando la finestra, al mattino. Poi Monte Reventino, Altri 100 metri più in alto. Giù dall'altro lato. Un lungo anello che ci riporta a Campo Chiesa e poi, di nuovo a Panetti. Ognuno ha il suo Himalaya. Una montagna non si misura dall'altezza, dal ghiaccio, dai picchi rocciosi, dall'altitudine. Ma dall'isolamento verticale dal mondo delle pianure, dalle solitudini, dai silenzi, dai paesaggi, da quanti fantasmi ancora vi risiedono. Perché le montagne - come dice Fernand Braudel - sono i luoghi eletti dove si conserva il passato. E sappiamo - perché ce lo insegna Carlo Levi - che il futuro ha un cuore antico.

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