Lamezia Terme - Emergono dal racconto agli inquirenti della 29enne rumena, tutte le crudeltà e le violenze che prima lei e poi i suoi figli sono stati costretti a subire per anni. Violenze che ora sono nero su bianco in una denuncia prima e un’ordinanza di convalida del fermo, con la quale si sono aperte le porte del carcere per Francesco Rosario Aloisio Giordano, 52enne di Lamezia fermato nei giorni scorsi e accusato dalla Procura lametina di maltrattamenti in famiglia, riduzione in schiavitù e violenza sessuale pluriaggravata. Una storia scoperta quasi per caso, una storia da film dell’orrore, anche se, quell’orrore, c’è chi lo ha vissuto sulla propria pelle.
Il primo parto e la vita da segregata
Le prime botte dopo il parto arrivarono subito. La giovane all’epoca non aveva neanche vent’anni e aveva dato alla luce il primo figlio ma, come ha raccontato la ragazza, lui l’avrebbe colpita per tutta la gravidanza, senza sottoporla ad alcuna visita, e non avrebbe cambiato questo atteggiamento neanche dopo. La sua colpa? Aver parlato con le compagne di stanza nell’ospedale di Catanzaro che avrebbero potuto scoprire tutto.
Così, nonostante i punti di sutura, rimossi successivamente da lui stesso con una pinzetta per le sopracciglia, ha cominciato a picchiarla. A tre mesi dal parto uscì di casa per portare il piccolo al primo vaccino a Lamezia. Era stata istruita a raccontare di essere tornati il giorno prima dalla Romania, sempre e comunque, e di non conoscere l’italiano, nonostante lo capisse e parlasse bene. Ogni volta che usciva di casa era costretta a stare dietro in macchina, accovacciata per non farsi scoprire, protetta da alcune tendine che lui stesso aveva posizionato davanti ai finestrini posteriori per evitare occhi indiscreti.
La gelosia morbosa e il possesso
Per “giustificare” in qualche modo la sua indole violenta, seppur non giustificabile, Giordano accusava senza motivo la ragazza di innumerevoli, perversi e inspiegabili tradimenti. Lui avrebbe voluto vivere la sua sessualità in maniera cruenta, costringendola ad atti estremi e ad avere rapporti violenti anche fino a cinque volte al giorno. In un episodio, tornata a casa dopo il secondo parto, lui cominciò a picchiarla perché, a suo dire, avrebbe avuto un rapporto sessuale con la donna che era in stanza con lei e con suo marito. “[…] Io solo per questa sua convinzione sono stata picchiata per circa due anni consecutivi” ha raccontato la giovane. Per farle confessare questo presunto tradimento, l’avrebbe minacciata di metterle la corrente ai piedi, oppure, in un’altra occasione, le strinse le dita nella morsa di una pinza, tanto da causarle una ferita profonda che lui stesso avrebbe ricucito con ago e filo. Questo fantomatico tradimento le costò anche essere picchiata ripetutamente da lui e dal figlio mentre allattava la piccola neonata.
“Insegnava al figlio e alla figlia come picchiare la madre”
Uno degli aspetti forse più macabri, sono gli insegnamenti che, come ha spiegato la ragazza, l’uomo impartiva ai figli, in particolare al più grande, che aveva lui come unico punto di riferimento. Giordano costringeva il bambino a picchiare la madre, a sputarle in faccia, ad apostrofarla con epiteti irripetibili per un bambino così piccolo, che solo al gioco e a vivere una vita spensierata dovrebbe pensare. E invece a lui veniva spiegato, sotto minaccia di subire lo stesso trattamento, come insultare e percuotere la madre che, inerme, avrebbe subito tutto ciò che le veniva fatto. Un bambino di soli dieci anni, che già aveva avuto modo di assistere anche ad altre atrocità che purtroppo per lui stavano diventando il pane quotidiano, un bambino che era stato istruito a rispondere ad hoc a tutte le domande sulla vita privata e che si infastidiva se queste stesse domande da parte di qualcuno diventavano insistenti. Nell’ultimo periodo Giordano avrebbe insegnato anche alla piccola di soli tre anni a picchiare la madre: poi anche la bambina sarebbe diventata oggetto di percosse da parte del padre, nonostante la madre e il fratello tentassero di farlo desistere, con il solo risultato di essere picchiati a loro volta.
Il trasferimento nel rudere delle campagne di Gizzeria e i vani tentativi di fuga
La ragazza capiva bene le condizioni disumane in cui erano costretti lei e i suoi figli a vivere. Agli inquirenti ha raccontato anche di aver pensato molte volte di scappare ma l’idea che lui la potesse ritrovare l’ha sempre terrorizzata. Così lei e la piccola, principalmente, perché il bambino frequentava la scuola e aveva possibilità di uscire, con tutte le difficoltà di inserimento e di interazione del caso, erano bloccate in quel casolare dove, per poter fare i bisogni alla bambina, doveva convivere con i ratti e insetti. In una occasione, come ha specificato la ragazza, cambiarono lo zaino del bambino che proprio i topi avevano rosicchiato.
I racconti del padre ai figli
Ai bambini, così come ha spiegato la 29enne agli inquirenti, l’uomo raccontava di essere stato in guerra in Afghanistan dove avrebbe ucciso alcune persone e dove avrebbe mangiato carne umana per mancanza di altro cibo. In altre occasioni avrebbe affermato di sapere leggere nel pensiero e lei e il bambino dovevano assecondarlo e dire che aveva indovinato i loro pensieri, altrimenti sarebbero stati picchiati. Una cosa che avrebbe turbato particolarmente la ragazza, era che l’uomo raccontava di avere un fratello gemello che la sua matrigna chiamava “il pazzo” che una volta, secondo quanto lui stesso raccontava, avrebbe fatto abortire una ragazza in casa. Un racconto che, in realtà, coinciderebbe con i fatti per i quali scontò una pena di cinque anni nel 1995, quando fu condannato perché aveva sequestrato per cinque mesi una giovane donna, ritrovata poi girovagare sola nei pressi di Falerna. Una storia agghiacciante che rimanda tragicamente a questi fatti per le modalità di segregazione e le atrocità che anche quella giovane donna era stata costretta a subire vent’anni prima.
“Un uomo dotato di uno spietato sadismo”
La ragazza chiama il suo aguzzino “un animale senza scrupoli” e lo stesso giudice firmatario dell’ordinanza di convalida, descrive Giordano come una persona “[…] estremamente violenta e prevaricatrice, cinica e, anzi, ferocemente sadica, incapace di controllare le proprie più bieche pulsioni, che scarica, in primis, contro la compagna, la quale, per ogni futile motivo, è resa bersaglio, come detto, di aggressioni verbali e ancor di più, fisiche di inaudita brutalità e crudeltà”. Secondo il giudice l’uomo avrebbe usato contro la donna un “trattamento inumano e degradante” riducendola “a mero oggetto di proprietà”, “resa fantasma rispetto alla società, al punto da non essere conosciuta neanche dai prossimi congiunti del suo aguzzino”. Un uomo, secondo il giudice, “dotato di uno spietato sadismo”.
Claudia Strangis
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