Lamezia Terme – L’omicidio di Gennaro Curcio non piacque ai vertici della cosca. Il fatto che il gruppo formato da Pulice, Gianfranco Norberti (collaboratore di giustizia, autoaccusatosi dell’omicidio e già condannato a sei anni e 4 mesi di reclusione), Bruno Gagliardi di 42 anni, Bruno Gagliardi di 50 anni, Giovanni La Polla e Salvatore Ruberto (entrambi uccisi nella cosiddetta “strage di Sambiase”), avesse ucciso un braccio destro di Bagalà, legato agli Iannazzo, senza “permesso” e per ottenere il controllo sulle zone costiere lametine, come Falerna, Gizzeria e Nocera Terinese, non fu ben accetto dai capi del clan.
Pulice più volte ribadisce che l’omicidio di Curcio fu scatenante della "strage di Sambiase" e che fu lui stesso a raccontare come andò: “Diciamo che questo omicidio qui, che rientra ... questo omicidio che tra l'altro non era a conoscenza neanche dei Cannizzaro, dei Daponte ancora, nel senso era una cosa che aveva gestito Bruno, e di fatto si sono talmente imbestialiti gli altri, e quindi Cannizzaro, i Daponte, gli Iannazzo, che mi avessero, comunque, tra virgolette ... perché io poi sono stato prelevato da loro e ho dovuto dire quello che era successo, cioè se effettivamente ero andato io a fare l'omicidio, perché ero andato... Io ho detto la verità perché comunque per me era la verità quello che mi avevano detto”.
La "strage di Sambiase" avvenne il 26 settembre 1995, un mese e poco più dall’omicidio di Gennaro Curcio a Nocera Terinese nel negozio di autoricambi. A perdere la vita nell’agguato in un bar di Viale Stazione a Sambiase, furono Giovanni Lapolla e Salvatore Ruberto, che avevano fatto del gruppo di “scissionisti” e che avevano spinto per l’azione omicidiaria. Fu risparmiato Bruno Gagliardi, al quale il clan fece solo un avvertimento, ferendolo, insieme ad A. L. e G. O. “Erano tutti assieme quando li hanno sparati. – racconta Pulice - Erano fuori a un bar che ... Bruno Gagliardi (classe ‘66, ndr) volutamente non è stato ucciso. […] Mi pare che lo spararono sul sedere. – aggiunge - Poi rimasero ferite anche altre due persone all'epoca, mi pare L. e un'altra persona che era lì”.
Per capire cosa accadde prima, gli Iannazzo –Cannizzaro Daponte convocarono Pulice, in una riunione che si tenne a casa di V. S., amico di suo padre e che gravita intorno alla famiglia. “[…] Quel giorno – racconta Pulice agli inquirenti - che ci fu questa discussione, a casa di V.S., era presente Vincenzo, e c'era Peppe Cannizzaro, non mi ricordo se ci fosse Mimmo, in questo momento non ... E naturalmente s'iniziò innanzitutto con un atteggiamento inevitabilmente ostile nei nostri confronti ... "voi avete fatto il danno...mo' fate la stessa fine..." soprattutto per spaventarci per farci capire la cavolata che avevamo fatto. E poi successivamente Vincenzo disse: "Va bene, mo' è una cosa che tu hai creato, tu vai... tu l'hai messa in piedi tu... te la vedi tu visto che fai il malandrino ... " cioè mi prendevano in giro ... lo gli dissi che sarei andato io a rimediare a quello che avevo fatto. Invece poi mi dissero: "No, no, lascia stare ". Quando poi parlavano Vincenzo... questa discussione è durata più di qualche giorno, eh?, ci sono stati più incontri. Alla fine, un giorno praticamente, Vincenzo disse a Peppe Cannizzaro: “Mandiamo, cioè, va anche Gennaro?", cioè me di andare a fare qualcosa e il Peppe Cannizzaro disse: "No, che se la vedono gli Iannazzo, che tanto va Tonino... " è la prima volta che in vita mia ho sentito parlare di Tonino, si riferivano comunque a Tonino Davoli. Lo so perché si è verificata questa circostanza, cioè che loro hanno detto: "No, tanto va Tonino e se la vede Tonino". Quindi, in cuor mio, per una mia valutazione, per quello che ho sentito io, è stato fatto ... ha partecipato Tonino Davoli”.
C.S.
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