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Dal 2015 a oggi l'Europa ha dato risorse da destinare al Porto di Gioia Tauro, pari a 150 milioni e questi milioni, visto che è un porto internazionale, sono state date a Roma che le deve spendere. Le dovrebbe spendere, per la verità, visto che non vi è traccia di ciò. Ed il paradosso Gioia Tauro diventa dunque motivo di farsa, o di commedia, a seconda di come la si vede.
Dalla Regione Calabria tuonano come se ci fosse una tempesta: delle risorse che Bruxelles ha dato a Roma non è stato speso nemmeno un euro, nemmeno convenzionale. Parola del vicepresidente Francesco Russo, che è anche autorevole docente universitario a Reggio Calabria e da alcuni decenni si occupa di Gioia. Allora è particolarmente strano e non spiegabile quello che sta accadendo. Non è ammissibile. Il limite storico di Gioia Tauro sta infatti proprio nella sua mancata diversificazione. Questi 150 milioni servono da una parte per rimettere in ripristino tutte le infrastrutture, tra cui alcune sono obsolete, e dall'altro per la diversificazione, come la banchina sud. Bisogna sottolineare un’altra cosa. Le risorse di Bruxelles sono addizionali rispetto alle risorse che Roma deve spendere su Gioia Tauro. Il paradosso è che non ci sono né le risorse ordinarie che Roma non mette per Gioia, né quelle addizionali.
Il tema è, dunque, questo e non altro per restare solo a Gioia Tauro. Siamo all'ultimo anno della programmazione, nel 2019, ed è incredibile che questo accada. Non vorremmo che finisse come quell’altro fatto evocativo di un altro Governo di una cinquantina d’anni fa, che strombazzò che lì doveva diventare la California d’ Italia e sappiamo tutti come è poi andata a finire. Era un’altra era, politica e non solo. Ma su Gioia Tauro in tanti si sono esercitati a menare propaganda (Porto, Centrale a carbone, Zes, etc) e i calabresi si sono in verità stufati.