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Ho iniziato a scrivere l’articolo citando una nota a piè di pagina alla fine del libro Dare un’anima alla politica, di Bruno Bignami, Ed. San Paolo, con la prefazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi, presidente della Conferenza Episcopale Italiana. L’ho scoperto guardando la rassegna stampa di mattina alla tv. L’autore è il direttore dell’Ufficio Nazionale per i problemi sociali e il lavoro della CEI e docente di Teologia morale presso la Pontificia Università Gregoriana. Lette le 236 pagine e la bibliografia (pp. 237-252). La nota, a pagina 234, riguarda la comunità di destino di Edgar Morin, filosofo e sociologo della Complessità trattata anche da Giuseppe Gembillo, già professore ordinario di Filosofia della Complessità presso l’Università di Messina, durante i seminari della Scuola di Alta Formazione Franceso Fiorentino di Lamezia Terme dal 1997 al 2014: “Cfr. la riflessione degli ultimi anni del filosofo francese Edgar Morin ripreso in Italia da Mauro Ceruti [e da Giuseppe Gembillo nella Scuola lametina]: E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del futuro, Raffaello Cortina, Milano 2001>>. Le lezioni lametine: << Complessità e Formazione (2008). Decime per il rinnovamento e la Formazione (2009)>>. A proposito dei seminari corre l’obbligo ricordare che fin dal 1997 l’Amministrazione ha messo a disposizione borse di studio per giovani laureati, fortemente volute dal Sindaco Doris Lo Moro.
Quando ho visto alla tv la giornalista con il libro in mano rivolgersi al prelato esclamando: <<È bello, bello, bello!>>, sono andato subito in libreria a comprarlo. Non l’ho trovato. Ho dovuto aspettare 15 giorni per averlo tra le mani e iniziare a leggerlo; distribuzione lenta alla San Paolo. Comunque l’attesa è stata ripagata con la lettura coinvolgente e interessante dalla prefazione del Cardinale Matteo Maria Zuppi all’ultimo capitolo. Breve il commento iniziale del Presidente della CEI sulla politica contemporanea nel nostro Paese: “Purtroppo, assistiamo quotidianamente anche a un’opera teatrale all’italiana, che conosce un copione variamente interpretato: leader che alzano l’asticella delle promesse, elettori non pervenuti per più della metà degli aventi diritto, politica frammischiata con il marketing pubblicitario” (p. 7). Sembra un politico progressista laico. All’improvviso diventa religioso concreto: “Questo libro tocca un tema tanto delicato quanto urgente: il legame tra la spiritualità e la politica. (…) Nella prima parte del testo è ben presente la forza propulsiva che arriva dal magistero sociale di Papa Francesco. La fraternità è un orizzonte, un respiro, un modo di essere, una strategia, una meta. Mi piace pensare che un rinnovamento della politica debba passare attraverso esperienze di fraternità” (pp. 8-9). La spiritualità della prima parte è <<il tratto di strada che va dalla Rerum Novarum a Fratelli Tutti>> attraversando le altre Encicliche con riferimento continuo alla Fraternità. Specialmente con Papa Francesco che con Fratelli Tutti considera <<centrale il paradigma della fraternità>>, dopo aver trattato Evangelii gaudium e Laudatoi’. Insomma, diventa spiritualità sociale. Nella seconda parte la spiritualità all’interno delle biografie (…) di alcuni cattolici impegnati in politica: (…) il politico monaco Giuseppe Dossetti (…) e David Sassoli (…) che ha saputo fare scelte coraggiose da Presidente del Parlamento europeo” (p. 9).
Il VI capitolo è dedicato a Giorgio La Pira il sindaco mistico di Firenze. Si preoccupa del Fare: “Risponde ai problemi concreti delle famiglie con un progetto alto sulla città. In particolare mette mano al bisogno di abitazione e di occupazione. Ricostruisce la città distrutta dai nazisti dandole un volto rinnovato. (…) Si occupa di ponti e di strade, di scuole e di lavoro, di mercati e farmacie, di teatro e spazi condivisi per mostre e congressi. Per dare una casa agli sfrattati, organizza le costruzioni delle “case minime”, requisendo le abitazioni sfitte dei grandi proprietari immobiliari e attirandosi le ire della Firenze benestante” (p. 174).
E ci sono anche le donne: Maria Eletta Martini e Tina Anselmi, <<diverse per temperamento e sensibilità, ma accomunate dalla stessa passione politica>> (p.103), pur da opinioni diverse ideologicamente. Maria Eletta partecipa alla Resistenza <<con un ruolo di supporto logistico>>; il 1963 entra nel Parlamento repubblicano: privilegia i temi della famiglia, del diritto familiare e la pari dignità tra i coniugi, è contro il divorzio e l’aborto <<promuove il riconoscimento dell’obiezione di coscienza, <<si impegna nella lotta alla droga>>; eletta vice presidente della Camera dei Deputati, Nilde Iotti le conferma la carica nella successiva legislatura. Tanto altro da leggere sul libro.
Tina Anselmi similmente alla Martini percorso sociale e politico di tutto rispetto: staffetta partigiana durante la Resistenza; nei primi anni del Secondo Dopoguerra <<difende le operaie tessili all’interno alla corrente unitaria della Cgil unitaria>> (p. 108); interviene nel dibattito <<sulla legge Merlin in favore delle prostitute e della loro dignità di persone>>; la sua proposta di legge del sistema sanitario viene firmata da Maria Elettra Martini, Giannina Cattaneo Petrini, Amalia Miotti Carli, Maria Badaloni; prima donna a diventare ministro del lavoro. Per chi ha voglia molto rimane da leggere. Nilde Iotti la invita “a presiedere la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla loggia massonica P2. In quel contesto riceve l’appellativo di <<Tina vagante>>: ha il coraggio di scoperchiare la pentola della corruzione organizzata” (p. 110). Isolata. Il commento dell’autore: “Rimane la rettitudine di una donna che esce a testa alta dall’esperienza” (ibidem). In questo momento di campagna elettorale la lettura non può che essere rigenerante per ripristinare la partecipazione politica nei cittadini. Bello! Bello! Bello!