Catanzaro - "Sono trascorse solo poche ore dal 31^ anniversario della strage di via d’Amelio in cui hanno perso la vita Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina e una riflessione si impone. L’assassinio di Paolo Borsellino e, meno di due mesi prima, quello di Giovanni Falcone sono entrati nella storia della nostra Nazione e hanno creato una cesura tra ciò che era prima e ciò che è stato dopo. L’errore che abbiamo commesso per molti anni è stato quello di ritenere che solo l’organizzazione mafiosa siciliana Cosa Nostra avesse inteso aprire un attacco allo Stato per piegarlo con la forza agli interessi della consorteria mafiosa. Si è detto che la ‘Ndrangheta è sempre stata attenta a non contrapporsi alle Istituzione per preservare la propria invisibilità. Ma la storia e i provvedimenti giudiziari dicono qualcosa di diverso". Ad affermarlo è Marisa Manzini Sostituto Procuratore Generale a Catanzaro.
"La Calabria - prosegue il Pm Manzini - separata solo da un braccio di mare, lo stretto di Messina, dalla Sicilia, ha originato una organizzazione criminale, la Ndrangheta che, in comune con Cosa Nostra siciliana, ha la capacità di radicarsi sul territorio, influenzandone la vita sociale, politica e istituzionale, ricercando il consenso del popolo anche grazie alle notevoli risorse economiche di cui dispone. La Ndrangheta, come Cosa Nostra, a dispetto di una narrazione che la vuole meno aggressiva nei confronti dello Stato, è responsabile delle uccisioni di due magistrati calabresi ed è corresponsabile, con la mafia siciliana, della strategia stragista che ha messo lo Stato in condizione di grave debolezza. Sono omicidi senza responsabili. I processi celebrati non hanno consentito di pervenire ad una dichiarazione di responsabilità degli imputati".
"Il 3 luglio 1975 a Lamezia Terme - aggiunge - veniva assassinato l’Avvocato Generale presso la Corte di Appello di Catanzaro Francesco Ferlaino. Durante il suo percorso professionale, Ferlaino si era occupato della organizzazione criminale mafiosa calabrese - in quell’epoca impegnata, in particolare, nei sequestri di persona - e della capacità di insinuarsi in diversi settori economici e sociali. Aveva anche presieduto il processo a carico dei vertici della mafia siciliana accusati della strage di Ciaculli, trasferito per “legittimo sospetto” a Catanzaro. Il 9 agosto 1991, nei pressi di Villa San Giovanni, veniva consumato l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, sostituto Procuratore Generale presso la Corte di cassazione designato ufficiosamente, nel luglio 1991, a rappresentare la pubblica accusa nel giudizio che si sarebbe celebrato in cassazione sui ricorsi presentati avverso la sentenza della Corte d'assise d'Appello di Palermo nel procedimento a carico di Abbate + 459, noto come il "maxiprocesso". Giustizia - continua ancora - non è stata fatta, ma i processi celebrati hanno consentito di ravvisare un filo rosso, robusto come una corda di acciaio, che unisce le due organizzazioni criminali presenti in Calabria e in Sicilia. Giovanni Brusca ha dichiarato che l’omicidio di Antonino Scopelliti rappresentò una forma anticipata, una sorta di “gesto preventivo”, del disegno stragista, dando inizio all’accordo tra ‘‘Ndrangheta e Cosa Nostra. Con la morte di Antonino Scopelliti si sarebbe lanciato un monito chiaro e forte a chi lo avrebbe sostituito".
"L’istruttoria del processo di primo grado - sottolinea - ha consentito di acquisire importanti elementi di prova delle cooperazioni risalenti tra ‘‘Ndrangheta e Cosa Nostra. L’omicidio era stato preceduto da una serie di incontri tra mafia siciliana e ‘‘Ndrangheta dove sarebbe stato presente proprio Totò Riina. Secondo il progetto di Riina, occorreva "fare la guerra per poi fare la pace" con lo Stato, a condizione di consistenti benefici (c.d. "papello" Riina). Il progetto stragista è stato condiviso e supportato dalla mafia nostrana, una organizzazione criminale, la Ndrangheta, che ha scalato le vette ed è diventata la mafia più potente, superando Cosa Nostra. La forza della Ndrangheta, nel tempo, è stata quella di mantenere un atteggiamento aderente alla “falsa politica” diretta a rappresentare false verità che hanno fuorviato la società pulita e gli stessi organi inquirenti. Ora, però, non ci sono più giustificazioni".
"E’ giunto il tempo - conclude - che la società tutta, meridionale e settentrionale, acquisisca piena consapevolezza della capacità terroristica delle organizzazioni criminali tutte. E’ giunto il tempo che i libri di storia dedichino spazio ai fenomeni criminali, che le università del nostro Paese coltivino lo studio e la ricerca al fine di una analisi compiuta delle organizzazioni criminali e dei loro punti di debolezza. E’ giunto il tempo che Francesco Ferlaino e Antonino Scopelliti siano ricordati come eroi nella storia della nostra Nazione".
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