Lamezia, Premio “Si Può” a Francesco Messori, capitano della squadra nazionale di calcio amputati

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Lamezia Terme - Si è aperta ai ragazzi degli Istituti Superiori lametini la platea di Sala Luisi, per la consegna del Premio “Si Può”, giunto alla sua XXV edizione, e assegnato quest’anno al giovane Francesco Messori, capitano della squadra nazionale amputati, e autore del libro “Mi chiamano Messi”, che racconta la sua straordinaria esperienza di vita, non solo come sportivo ma come essere umano portatore di valori imprescindibili, che ne fanno un esempio per tutti i giovani cui ha voluto offrire la propria testimonianza. Presenti all’incontro, moderato e introdotto dal presidente del consiglio comunale Giancarlo Nicotera, il sindaco Paolo Mascaro, il vescovo Monsignor Serafino Parisi, la presidente della Commissione per le Pari Opportunità Annalisa Spinelli, l’amministratore delegato dell’azienda Espressiony Ivan Rizzuto, che hanno manifestato la propria gratitudine e il proprio impegno in qualità di soggetti pubblici e privati nella diffusione di modelli positivi per la crescita sociale e culturale dei ragazzi e dell’intera comunità.

Nato con un’agenesia completa della gamba destra, Francesco Messori, oggi 25enne, ha sempre avuto una spiccata passione per il calcio, ereditata dalla madre sportiva. Una passione accolta dalla sua famiglia, e mai ostacolata, che lo ha portato a giocare dapprima come portiere in una squadra parrocchiale, e poi a scegliere a undici anni di liberarsi della scomoda protesi, per entrare nel ruolo di attaccante e giocare ufficialmente con i normodotati su dispensa del CSI (Centro Sportivo Italiano).

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Ma Francesco si sente addosso una forma di “compatimento”, da parte dei suoi compagni come dagli avversari, e sogna di giocare in un gruppo di pari: cosa che lo spinge a creare, attraverso un appello lanciato su Facebook, quella che oggi è la nazionale italiana amputati – realtà già esistente in altri paesi ma non ancora arrivata al di là delle alpi. Eppure, proprio quando tutto sembra perfetto, e arrivano il successo e la visibilità, Francesco scopre che non sono quelle le cose importanti della vita e che sta rischiando di rimanere schiavo di apparenze che lo portano lontano da sé stesso e dalla sua parte più autentica. Dopo un momento di crisi, che lo porta anche a cercare di togliersi la vita, trova nella fede la strada per vivere lo sport come strumento per offrire a tutti una testimonianza positiva, all’insegna della fratellanza, del dono di sé, dell’autenticità di un’esistenza salva e sana nel cuore. “Non ho tutte le risposte”, spiega Messori ai giovani, “e non so dirvi, da cristiano, come sia nato il mondo o l’uomo. Ma so che qualcuno mi ama: di questo sono certo”.

“Una lezione di grande valore, che invita a interrogarsi su cosa davvero ci renda uomini”, conclude il vescovo Parisi, “non il successo, non il potere, non essere ricchi o famosi: la grandezza dell’uomo sta nella consapevolezza del proprio limite. Quando ci sentiamo autoreferenziali, individualisti, quando usiamo gli altri per i nostri scopi, esistiamo solo in funzione di questo. Quando ci accorgiamo di essere fragili, limitati, ci apriamo agli altri, alla dimensione della vita comune, e il vuoto che tutti abbiamo dentro viene riempito da Dio”.

Giulia De Sensi

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