Lamezia, omaggio ad Adelchi Argada a 50 anni dalla scomparsa al Chiostro San Domenico

adechiargada-10.08.30_b15a2.jpg

Lamezia Terme - Un omaggio accorato da parte della città, ma anche un momento necessario di incontro e confronto politico, quello realizzato al Chiostro San Domenico a 50 anni dalla tragica scomparsa di Adelchi Argada, giovane militante del Fronte Popolare Comunista Rivoluzionario, barbaramente ucciso da mano fascista con un colpo d’arma da fuoco il 20 ottobre 1974. L’incontro, svoltosi alla presenza di familiari, amici, esponenti di tutta la sinistra lametina, ha avuto come focus il revisionismo storico, ed è stato accompagnato da una mostra di documenti dell’epoca, fotografie e opere a tema realizzate da artisti fra cui Sirianni, De Sensi, Athena, e introdotta dal reading teatrale di un brano tratto dal libro “Verranno di notte” di Paolo Rumiz interpretato dall’attore Achille Iera. Chiamati a trattare l’argomento due relatori d’eccezione: Saverio Ferrari, ricercatore dell’Osservatorio Democratico sulle Nuove Destre, e Angelo D’Orsi, già professore di Storia del Pensiero Politico all’Università di Torino. Ad introdurli Rosa Tavella, già consigliera regionale di Rifondazione Comunista e attivista dell’Associazione Non Una Di Meno, e Laura Fazzari, attivista del Collettivo Addunati.

adelchi-argada09.08_27d36.jpg

“Adelchi, come noi, lottava per una società più giusta, più libera, più solidale”, ha sottolineato Tavella, già compagna di partito della vittima, “La sua tragedia ci ha messo di fronte al nostro essere mortali: è accaduto a lui, ma sarebbe potuto capitare a ognuno di noi”. Da qui un lungo excursus sui significati condivisi della lotta politica di quegli anni, “che ci facevano vicini agli operai e ai braccianti, ai popoli colonizzati e sfruttati, alle lotte contadine per la terra, ai partigiani, ai migranti nelle Americhe e alle donne che restavano a casa a fare da capofamiglia. L’antifascismo era l’elemento costitutivo della nostra militanza politica, e siamo sempre rimasti vicini ad Adelchi, in vita e dopo la morte: e lo siamo anche adesso”. Un discorso ripreso da Fazzari, che in rappresentanza delle nuove generazioni, racconta l’eredità politica di Argada, che riverbera nelle lotte del presente: “Dall’acqua pubblica all’immigrazione, al diritto all’abitare, alle lotte civili per i diritti di genere, contro le guerre e a favore dei popoli oppressi”. Una grande passione quella che traspare, venata di rabbia per gli sbocchi politici del presente e per l’emergere di forze che, secondo le parole di Tavella, “non troppo velatamente fanno riferimento alla feroce dittatura del ventennio”. Un tema ampiamente affrontato dai relatori, che citando le fonti di un attento lavoro storiografico, hanno ricostruito le dinamiche degli anni dell’omicidio di Adelchi, caratterizzati dalla ben nota “strategia della tensione” – “termine oggi volutamente dimenticato, quasi non più in uso”, secondo Ferrari. “In quegli anni le forze dell’estrema destra, attraverso organizzazioni come Ordine Nuovo, fornirono manovalanza ad una serie di attentati che configurano il cosiddetto periodo stragista”. Citate le bombe di piazza Fontana, di piazza della Loggia, la strage dell’Italicus, “ma tantissime altre ne furono organizzate che solo per puro caso non andarono a buon fine” spiega ancora Ferrari, “e partendo da questa bassa manovalanza si arriva molto più in alto: a collusioni con la Nato, con i Servizi Segreti, con la P2, con lo Stato d’Israele che li preparava militarmente, con le forze dell’Ordine, con lo stesso Stato Italiano”. Lo scopo? “Creare terrore nella popolazione attraverso una guerra psicologica, perché venisse richiesta una soluzione d’ordine: questo avrebbe messo fuori gioco i comunisti”. Comunisti che oggi, secondo dati statistici, vengono ritenuti nella “vulgata”, contro ogni verità storica o processuale, come gli autori delle stragi – opinione diffusa soprattutto fra le nuove generazioni. Ne parla diffusamente il professor D’Orsi, soffermandosi sulla differenza abissale fra revisione storica – “necessaria, basata sull’analisi di nuove fonti e documenti” – e revisionismo, un male del presente che “si esplica nella negazione dell’esistenza della Storia come scienza e nel suo passaggio da episteme a doxa: dall’analisi scientifica dei dati sensibili, alla base di ogni conclusione condivisa, alla trasformazione di ogni dato in pura opinione”.  Un passaggio che avviene ormai d’abitudine nei salotti televisivi più famosi del paese, dove “si chiama a confronto “uno storico di destra e uno di sinistra”, come se fosse in base a quello che si fa ricerca o si arriva alla verità, lasciando magari il compito di tirare le fila su temi come il delitto Matteotti ad una showgirl opinionista”. Un processo degenerativo mediatico cominciato già negli anni ’50, che prosegue durante il governo Berlusconi, e che oggi ha condotto ad una situazione in cui “chi è davvero colpevole non è tanto chi crede in senso ideologico a determinate bugie, ma chi se ne serve per scopi di interesse personale”.

Giulia De Sensi

Wadelchi-argadaat-10.09.22_5797b.jpg

adelchi-argada.09.00_46884.jpg

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA