Lamezia, iniziativa Slow Food su inquinamento e salute: "Microplastiche causa di diverse malattie"

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Lamezia Terme - Inquietante ma allo stesso tempo estremamente necessario il report sull’impatto di platiche e microplastiche sull’inquinamento ambientale e sulla salute umana offerto dalla dottoressa Maria Grazia Petronio nell’incontro voluto da Slow Food presso la Sala “Giovanni Paolo II” dell’ex seminario vescovile. La dottoressa, medico igienista, docente alla Scuola di Specializzazione di Igiene e Medicina Preventiva all’Università di Pisa, collabora anche con la Facoltà di Ingegneria Ambientale dell’Unical, è membro di una Commissione Ministeriale sull’impatto dell’inquinamento ambientale, nonché vicepresidente dell’ISDE (International Society of Doctors for Environment): si occupa dunque da circa 40 anni del rapporto fra ambiente, inquinamento e salute, ed è in questo “un’eccellenza internazionale del territorio”. Lo chiarisce Maria Cristina Mazzei, presidente della Condotta Slow Food di Lamezia Terme, organizzatrice dell’evento insieme al dottor Cataneo, delegato alle politiche ambientali della Condotta, e al dottor Muraca, vicepresidente della Condotta e coordinatore della rete giovanile di Slow Food SFYN (Slow Food Youth Network).

“La plastica è prodotta a partire dai combustibili fossili” chiarisce la dottoressa, “dunque petrolio, gas, carbone; e dopo Cina, USA, India e Russia, possiamo definirla, quasi fosse uno Stato, il quinto produttore di anidride carbonica al mondo. Si tratta di un problema in crescita di cui nessuno sembra accorgersi. I danni principali alla nostra salute sono prodotti dalle microplastiche (pezzi di diametro inferiore ai 5 millimetri) e dalle nanoplastiche (con diametro inferiore a 0,1 micron), che derivano sia dai rifiuti plastici degradati, sia dall’industria che le produce per gli scopi più vari – ad esempio pesticidi, cosmetici e scrub per il corpo. Le microplastiche e nanoplastiche sono ormai dovunque: acqua, suolo, aria. Le assumiamo quotidianamente per ingestione, perché le radici degli ortaggi e della frutta le assorbono dal terreno, e perché si calcola che in ogni litro di acqua minerale siano contenuti fino a 4 milioni di frammenti – dunque sarebbe più sano bere acqua dal rubinetto da contenitori in vetro, perché paradossalmente è più controllata. La plastica si trova perfino nel miele – le api la assorbono dall’aria, che se ne impregna a causa dello sfregamento degli pneumatici sull’asfalto – dannosissimi quelli dei SUV – ma anche dei tessuti – molti degli abiti che indossiamo sono fatti anche con materiale di origine plastica. Ancora c’è l’impatto degli attrezzi plastici da cucina – dalle spugne, allo scolapasta, alle palette, alla carta da forno, al microonde, ai frullatori, ai contenitori e al packaging del cibo. Senza contare che le microplastiche entrano nei tessuti muscolari del pesce che mettiamo sulle nostre tavole. Può sembrare assurdo ma si calcola che, sommando il tutto, ingeriamo circa il corrispettivo di una carta di credito la settimana. Ci sono poi altre modalità di assunzione: ad esempio l’inalazione dall’aria, cosa che avviene sia per via dell’inquinamento prodotto sempre dagli pneumatici, ma anche ogni qual volta che strappiamo con le mani per qualsiasi ragione un materiale plastico; o l’assorbimento attraverso la cute, cosa che avviene attraverso cosmetici anche molto comuni, come le creme solari. La plastica porta inoltre con sé, attraverso l’effetto “Cavallo di Troia”, una serie di sostanze chimiche dannose – come ad esempio il piombo – che si attaccano alla sua superficie e trovano così un modo per entrare”.

Gli effetti sulla salute? Sono facili da immaginare. “Ѐ stato rilevato che questo tipo di inquinamento tende ad accumularsi soprattutto nel cervello: ha un forte impatto sul neurosviluppo, sulle malattie neurodegenerative e le demenze negli anziani, su disturbi dello spettro autistico, sullo sviluppo del feto, sulla riduzione del volume della materia grigia; ha inoltre effetti sul funzionamento del sistema endocrino e sugli ormoni, sulla trasformazione di cellule totipotenti in adipociti, sull’alterazione del rapporto peso/altezza, su patologie come l’endometriosi, l’infertilità maschile, il cancro: tutti problemi in crescita conclamata. La soluzione non è riciclare, ma proprio smettere di usare la plastica. L’Italia in questo non sta facendo passi avanti: infatti non ha adottato la direttiva europea che impone di eliminare gli oggetti di plastica monouso, ed è attualmente sotto processo di infrazione. Sono molti anni che mi occupo di questo problema” conclude la dottoressa, “e mai come ora ho avuto poca fiducia che le istituzioni facciano qualcosa: il cambio di strada deve venire dalla base, dai cittadini, attraverso la diffusione di una cultura e di una mentalità che vadano verso l’eliminazione delle materie plastiche dall’uso comune, limitandole laddove sia indispensabile all’uso medico”.

Giulia De Sensi

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