Lamezia: Ammazzateci Tutti, lezioni di legalità al Liceo Classico con Marino, Reppucci, Ruperti e Vincelli

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Lamezia Terme, 21 dicembre - Lamezia Terme, 21 dicembre - Si è svolto oggi presso il liceo Classico “Francesco Fiorentino” l’incontro organizzato dal movimento “Ammazzateci tutti” con alcuni esponenti delle istituzioni che, in quest’ultimo periodo hanno dato un duro colpo alla cosca Giampà: il prefetto Reppucci; il questore Guido Marino; il capo della squadra mobile distrettuale, Rodolfo Ruperti;  il capitano della stazione dei Carabinieri di Lamezia, Fabio Vincelli. E, con un breve intervento, il sindaco Speranza. L’incontro si è aperto con i loro interventi, una specie di lezione di legalità per i giovani studenti. Il prefetto Reppucci ha voluto ricordare che “l’impegno da parte delle istituzioni è stato forte ma se è aiutato da tutti i cittadini è ancora più forte. Bisogna dire no alla mafia (rimarcando quel ‘no’, ndr) soprattutto alle azioni mafiose e tutti devono aiutarsi reciprocamente per portare la legalità sul territorio, aiutando questa città a guarire dal cancro malavitoso. Tutto questo lo si può fare solo impegnandosi nelle buone pratiche civili quotidiane”. Il sindaco ha ricordato ai ragazzi che “il loro impegno merita un riguardo importante, perché anche grazie alle istituzioni ci troviamo in questa situazione di respiro più ampio ma la città ha comunque ancora bisogno di tanta forza e di non tacere per paura. C’è bisogno di dare un segnale forte”.

Dopo questi primi interventi Martina Sportelli, un esponente del Movimento, ha ricordato che "Ammazzateci Tutti" nasce nel 2005 quando alcuni ragazzi, dopo la morte del vice presidente del consiglio regionale Francesco Fortugno, hanno manifestato a Locri con uno striscione con scritto “e adesso ammazzateci tutti”; da qui la voglia d’iniziative per rendere partecipi la maggior parte dei giovani sui temi della lotta alla ’ndrangheta. Il coordinatore cittadino di "Ammazzateci Tutti", Francesco Blaganò, ha chiesto al comandante Vincelli di spiegare l’esistenza o meno della "zona grigia" in città. Il comandante ha così risposto: “La zona grigia c'è e opera sul nostro territorio ambiguamente, quindi si ha bisogno di più prove per poter  procvedere agi arresti”. Blaganò ha poi chiesto sia a Marino che a Ruperti perché ci sono stati negli ultimi mesi diversi pentiti tra gli esponenti della cosca Giampà. Rodolfo Ruperti ha così risposto: “Ho sempre sentito parlare di orgoglio mafioso, ma in tanti anni di servizio non ho mai visto un mafioso vivere bene. Questi soggetti vivono sempre come rifugiati, come topi. L’operazione Medusa è nata proprio per incalzare e scacciare dal territorio lametino questi topi e, diciamo, ci siamo riusciti grazie anche a questi fenomeni di pentitismo". "E’ un fenomeno che si sta allargando  - ha specificato - perché i mafiosi si trovano a scegliere tra un destino in carcere o una semilibertà con aiuti verso la propria famiglia. Così facendo si aiutano le forze dell’ordine a dare un segnale forte al territorio. Infatti ci aspettiamo che questo fenomeno invada la città come una sorta di treno che passa e più delinquenti salgono su questo convoglio, più noi riusciamo a fare il nostro lavoro”. Ad una domanda sul ruolo delle donne nella 'ndrangheta il responsabile della polizia distrettuale di Catanzaro ha cosi risposto: "Le donne nella ‘ndrangheta hanno un ruolo secondario ma importante perché fanno da collante tra quello che avviene all’interno e quello che succede all’esterno. Una cosa che sicuramente è emersa è che oltre a conoscere i fatti e le decisioni della cosca, le donne avevano un atteggiamento malavitoso in quanto in un certo modo anche loro avevano il potere sulle attività criminose. Entrare ad esempio in alcuni negozi e comprare senza pagare alcunché oppure decidere di volere una macchina volere senza pagarla è sicuramente un atteggiamento che le rendeva forti. Ecco, questa è la figura della donna della ‘ndrangheta: fare da mamma, da moglie e rispettare tutto ciò che fa il marito, avere quasi la totale fiducia da parte degli altri membri della cosca”.

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Di avviso simile il questore Marino che ha detto: “Non ho mai creduto agli esperti che fanno delle analisi su questo fenomeno, affermando che nella cultura ‘ndranghetista non ci si pente perché non si può denunciare un membro della propria famiglia. In realtà con gli anni abbiamo visto che non è così: i fenomeni di pentitismo ci sono e sono tanti e sul suolo lametino questo fenomeno è davvero forte. Di sicuro questo fenomeno del pentitismo c’è ma non per puro calcolo da parte del malavitoso, ma perché lo Stato ha dato una legnata pesante ai loro affari, alle loro famiglie e, quindi, ecco che questi farabutti si pentono perché rimasti senza niente. L’operazione Medusa è importante per questo motivo. So che andrà a buon fine e non sarà l’unica operazione ma ce ne saranno altre. Ricordatevi sempre che lo Stato non chiede atti di eroismo ma la normalità, la cultura di denunciare e di non avere paura”. Marino, Ruperti e Vincelli hanno poi concordato nello spiegare ai ragazzi come a Lamezia ci sia una sorta di anormale normalità nell’essere quotidianamente omertosi ed invitando, per questo motivo, i ragazzi a denunciare ed ad assumere anche nel loro piccolo comportamenti incentrati alla legalità.  Alla fine dell’incontro ha preso la parola, il coordinatore cittadino di Ammazzateci Tutti Blaganò, che ha esortato i giovani presenti “a non sentirsi dei fighi perché girano con figli di mafiosi. Perché il modo migliore è quello di emarginare questi tipi, cercando di non praticare una cultura di asservimento quotidiana nei loro confronti”.

 

Beatrice Zubba

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