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Buon anno e andate a vedere il film di Pif sulla mafia
Scritto da Lametino7 Pubblicato in Filippo Veltri© RIPRODUZIONE RISERVATA
Buon fine 2013 a tutti voi, lettori e non lettori. Buon inizio del 2014 e, se potete e ne avete voglia, chiudete l’anno - o iniziate il nuovo - facendo una cosa semplice semplice: andate al cinema più vicino e vedete “La mafia uccide solo d’estate”. Altro che antimafia d’accatto! Il film sancisce l’esordio alla regia di Pif, all’anagrafe Pierfrancesco Diliberto, che affiancandosi all’associazione “Addio Pizzo” firma esplicitamente una pellicola che ha detto no al pizzo. La bellezza del film avviene con l’unione armoniosa di reale e finzione, come per esempio scene realmente accadute che - messe nel contesto del film - sembrano inventate ed invece… davvero esiste una dichiarazione di Giulio Andreotti che alla domanda del giornalista Pansa sul perché non andò al funerale del prefetto Carlo Alberto Dalla Chiesa, rispose: “Preferisco andare ai battesimi”. Ha scritto così la giornalista israeliana Sivan Koter: “una perla cinematografica piacevole e originale nella quale è la realtà a concedere uno spazio al cinema e non il contrario”.
A solidificare - ha scritto Giuseppe Lunari - la memoria e a renderla indistruttibile nel tempo, perché “a dimenticare in Italia non ci vuole nulla”, di solito ci si riesce meglio con un film: per la sceneggiatura de “la Mafia uccide solo d’estate” di riferimento è stato un libro, quel “Trent’anni di mafia” scritto da Saverio Lodato, per cui anche il giudice Falcone espresse ammirazione: “un testimone attento e sensibile” capace sempre di “fedeltà documentate e lucidità di analisi”. Il film pur parlando di avvenimenti solo di qualche decina di anni lontani nel tempo, si schiera - per esempio - decisamente contro il risarcimento economico di Susanna Lima, che ultimamente è stata riconosciuta come figlia di una vittima di mafia. Infatti il padre, Salvo Lima, fu ucciso dalla mafia, ma - seguendo il film - proprio perché ad un certo punto non continuò a rispettare i patti: viene considerato uno dei tanti referenti politici della mafia stessa. Il film rende giustizia (con un finale sorprendente) non alle “vittime” di mafia, ma agli uomini dell’antimafia, non eroi ma persone ordinarie, come il detective della polizia Boris Giuliano: nel film non viene inquadrato in azione, niente volanti o pistola. Viene ripreso mentre è intento in un bar a mangiare un iris alla ricotta, con i baffi ancora pieni di zucchero a velo.