Lamezia Terme - Torna a Lamezia il Teatro di Pirandello con “Pensaci, Gicomino!”, in scena il 18 gennaio al Teatro Grandinetti alle 21 nell’interpretazione di Pippo Pattavina, figura notevole della scena teatrale italiana, già nei panni di tanti caratteri pirandelliani. Ospite anche della scorsa Stagione di AMA Calabria, con la trasposizione di “Uno, nessuno, centomila”, Pattavina racconta il suo grande amore per Pirandello e l’eternità degli indimenticabili personaggi nati dalla sua penna.
Quanto è attuale nell’era dei social e dell’Intelligenza Artificiale il Teatro di Pirandello, e quanto ci tocca la sua concezione della società, delle maschere, dell’ipocrisia diffusa?
“Il Teatro di Pirandello tocca sempre: e sarà così in eterno. Pirandello è filosofia, senso della vita, rapporto con gli altri, è il nostro considerarli o non considerarli: è tante cose, sempre attuali, perché Pirandello è a mio avviso il più grande autore del ‘900. E recitarlo è sempre una gioia infinita, lo è portarlo a contatto con il pubblico, e per il pubblico ascoltarlo. Specie nel caso di questo “Pensaci, Giacomino!”, uno dei testi pirandelliani più belli, che per la seconda volta stiamo portando in tournee in Italia, e che ha già avuto un successo strepitoso al Teatro Quirino di Roma. Ora sarà a Milano, Bologna, Savona, Trieste, e mi darà il piacere di tornare a Lamezia Terme”.
Questa non è la prima volta che lei interpreta una commedia di Pirandello. Cos’ha di particolare per lei questo lavoro, e come si caratterizza il suo personaggio rispetto ad altri caratteri pirandelliani di cui ha già vestito i panni?
“Questo personaggio, Agostino Toti, è un professore di 75 anni, ed è un personaggio a tutto tondo: per un attore interpretarlo è fonte di grande piacere, perché reca in sé ironia, comicità, ma anche dramma e tragedia. Offre a chi ne veste i panni tante possibilità di divertirsi sulla scena, e di regalare al pubblico emozioni. Il professore nutre un profondo risentimento nei confronti della società e dello Stato, e sposa la figlia sedicenne del bidello non per amore ma per vendetta, in modo che l’erario sia costretto a pagarle la reversibilità della sua pensione almeno per altri 50 anni dopo la sua morte. La ragazza, incinta del giovane Giacomino, vivrà con il suo compagno e il loro bimbo in casa di Toti, che incurante dei vituperi e dell’opinione della gente, godrà in vecchiaia del conforto della loro presenza, trattando il bimbo come un nipote – la scena del terzo atto in cui lo tengo in braccio e gli parlo dolcemente ha suscitato il pianto disperato e la commozione della mia nipotina di sette anni, presente in sala”.
Dal punto di vista tecnico, è un lavoro complesso riportare al pubblico di oggi una storia e un personaggio creati in un secolo diverso, o anche qui l’attualità eterna di Pirandello semplifica le cose?
“In realtà, da questo punto di vista, non esistono problemi particolari, grazie al fatto che si tratta di una storia semplice, ovvero comprensibile, che non ha una collocazione temporale vincolante, come ad esempio l’Amleto: è stata scritta nel ‘900, ma sarebbe potuta accadere benissimo anche oggi. Inoltre quando la recitazione è buona, ed è buona la regia, la compagnia, la scenografia, tutto diventa più semplice”.
Lei è già stato a recitare a Lamezia. Che immagine ha di questa città e del suo pubblico?
“Ho di questa città un ricordo bellissimo, così come bellissimo è il suo Teatro. Il pubblico è un pubblico del sud, con una particolare propensione al calore. Ritornerò quindi a Lamezia con grande piacere”.
Giulia De Sensi
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