Il contributo della Dottrina sociale della Chiesa allo sviluppo “socio-economico” della società

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Lamezia Terme - Con piacere partecipo al dibattito avviato sul Lametino dall’UCID di Lamezia Terme sul tema “economia di pace”, un nuovo paradigma alla luce della Dottrina Sociale della Chiesa per leggere l’attuale crisi italiana, internazionale ed elaborare nuove proposte per affrontarla e superarla.

Vorrei mettere in evidenza quanto mons. Mario Toso, Segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, ha scritto in un articolo titolato: Quale speranza per la società dalla nuova evangelizzazione del sociale, pubblicato nella rivista “La Società”, n. 5-6 (2012), in cu l’Autore si chiede quale coscienza Papa Benedetto XVI abbia evidenziato nella Caritas in veritate a proposito di una nuova evangelizzazione del sociale e si risponde così: ”L’attuale processo di integrazione planetaria, contrassegnato da aspetti positivi e negativi, non va lasciato a se stesso, in balia di meccanismi deterministici. Per essere realmente utile e di servizio per tutti, occorre orientarlo verso il bene comune della famiglia umana, facendo leva su di una cultura personalista, comunitaria, aperta alla Trascendenza. (…). Secondo Benedetto XVI, un nuovo pensiero, una nuova sintesi culturale – frutto dell’armonia di diversi saperi-, in una parola, un Umanesimo sociale e trascendente, una nuova progettualità e una nuova prassi costruttrice di un mondo più giusto e pacifico, come anche di un cristianesimo più vitale e civilizzatore che non sia ridotto a mera riserva di buoni sentimenti possono nascere soltanto dal rinnovato incontro con Gesù Cristo, da un più intenso amore per Lui. È solo dimorando in Lui, vivendo in Lui - Amore pieno di Verità -, che si può superare la mancanza di pensiero e fraternità e trovare una nuova visione e una nuova etica per lo sviluppo”.

Qui la chiave della nuova “visione”:lo sviluppo non è solo questione di risorse, di mezzi, di tecniche, di investimenti produttivi, non è solo crescita economica, ma è fondamentale potere disporre di una corretta scala di beni-valori che nasca da una spiritualità vissuta nella contemplazione mistica della vita quotidiana per la realizzazione del bene comune dei popoli e della famiglia umana, che deve essere quella di uno sviluppo integrale, fraterno, solidale, comunitario, sostenibile, inclusivo di tutti, aperto alla Trascendenza. Una visione che illumina anzitutto la concezione del lavoro, specie nell’attuale contesto di crisi economico – finanziaria, in cui dominano visioni riduttive, ma con la Caritas in veritate si può mettere in evidenza anzitutto il lavoro come bene fondamentale per la persona, per la famiglia, per la società, per lo sviluppo dei popoli, perché fa parte della vocazione dell’uomo e costituisce un dovere- diritto imprescindibile. Una visione che pone le basi a una cultura del lavoro personalista, comunitaria e aperta alla Trascendenza, che fa del lavoro un bene dell’uomo, per l’uomo e per la società e rende chiaramente visibile il primato dell’uomo sul lavoro e nello stesso tempo rende manifesto che l’uomo del lavoro è per Dio: non di solo pane vive l’uomo. Nel lavoro si trova la dignità dell’essere umano, come ci ricorda papa Francesco, ogni volta che parla di lavoro e di lavoratori, una dignità che siamo chiamati tutti a tutelare e a rispettare sempre, per avere un Paese più solidale, più fraterno e che include tutti. Non possiamo dimenticare quanto ha recentemente dichiarato in una intervista il prof Gianni Manzone, docente alla Pontificia Università Lateranense, sulla globalizzazione: “Per la Dottrina sociale della Chiesa non è né buona né cattiva, è uno strumento nelle mani degli uomini. Essa offre sicuramente opportunità ma allo stesso tempo anche tendenze perverse, come l’aumento delle differenze fra ricchi e poveri, e non solo nei Paesi meno sviluppati, ma anche da noi. Ma pone un problema: crea più opportunità nei Paesi poveri, ma lascia altrove lavoratori disoccupati.” Ma noi siamo consapevoli di dovere costruire, perché questo è il nostro compito, una civiltà globale solidale, perché sappiamo di essere una sola famiglia umana. Questo diventa valido anche per la Questione meridionale del nostro Paese: sappiamo bene che “il Paese non crescerà se non insieme”.

E partendo dalla mancanza del lavoro dovremmo prendere il via anche per ripensare il futuro della nostra terra, la Calabria. Siamo consci che tutto dipende da noi e che bisogna rimboccarsi le maniche, cancellando quell’immagine falsa del Mezzogiorno che confidava nella carità dello "Stato Grande Elemosiniere", che si è fatto di tutto per accreditare, con l’incapacità di utilizzare le risorse disponibili. In questo senso siamo chiamati a guardare con amore intelligente al Mezzogiorno e all’intero Paese, nella consapevolezza che lo sviluppo della Calabria si realizza grazie alla responsabilità del pensare insieme e gli uni per gli altri.

                                                                                                                

                                                            Don Giuseppe Dieni

Consulente ecclesiastico dell’Ufficio problemi sociali e d lavoro dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria

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