Operazione Stammer, l’amante pentita: “Ero venuta per lavorare poi ho ospitato i narcos colombiani”

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Vibo Valentia – Amante di uno dei trafficanti, in Italia dal 2000: è Oksana Verman, la 40enne di origine ucraina che, dopo il suo arresto nell’operazione “Stammer” del 24 gennaio scorso, ha deciso di collaborare con la giustizia, raccontando la verità sui traffici internazionali di cui era a conoscenza e ammettendo le sue colpe. Dagli inquirenti viene definita come “l’organizzatrice con il compito di ospitare i colombiani e coadiuvare Pititto Salvatore, occupandosi anche del trasporto della sostanza stupefacente”.

Salvatore Pititto è stato arrestato nel corso dell’operazione del 24 gennaio ed è ritenuto tra gli affiliati della cosca omonima di Mileto. Non solo, perché proprio lui era stato fermato dalla Guardia di Finanza di Lamezia Terme sulla SS280 dei “Due Mari” con 300 grammi di cocaina e, proprio il 7 febbraio scorso, il “corriere” è stato condannato dal giudice del Tribunale di Lamezia Terme a 2 anni e 8 mesi di carcere. Il suo nome, però, si legge molte volte in questa ordinanza: era lui tra gli altri, ad occuparsi di trovare una sistemazione ai narcos colombiani che arrivavano in Italia ed era lui che si occupava di organizzare lo smistamento della droga utilizzando come base per gli incontri, il parcheggio nei pressi del grande centro commerciale alle porte di Lamezia. Incontri che non sono passati inosservati dalle forze dell’ordine che ne hanno accertato diversi con tanto di foto che ritraevano i trafficanti accordarsi sul da farsi, tanto da fare di Lamezia un crocevia e luogo di incontri e scambi di droga.

Ad ulteriore conferma di quanto già ampiamente documentato, sono arrivate le dichiarazioni di Oksana Verman: “[…] ho conosciuto Pititto Salvatore dal primo giorno che sono arrivata in Italia, è venuto a prendermi quando sono scesa dal treno. […] ero venuta in Italia grazie ad una amica che lavorava nell'azienda di Pititto, si chiama I. Z., che diceva anche lei di avere avuto una relazione con Pititto Salvatore. In questi 17 anni che sono stata in Italia sono sempre stata con Pititto Salvatore, vivendo con lui una relazione già dopo pochi mesi dal mio arrivo, quando lui mi disse che sarei stata sua o di nessun altro qua in Italia: da allora siamo stati assieme per tutto il tempo. All’inizio io facevo la badante a due signori anziani, i quali sono morti dopo pochi mesi, da allora lui si è preso cura di me, aiutandomi a trovare un lavoro e la casa. Pititto Salvatore con me all'inizio era molto affettuoso, nell'ultimo periodo era sempre più geloso e in qualche occasione mi ha anche picchiata; sia la moglie che i figli sapevano della relazione che c'era tra di noi. […] ADR: Pititto Salvatore era il soggetto che organizzava i traffici di droga con la collaborazione di altre persone dei quali mi riferiva i nomi, mentre alcuni di loro li ho conosciuti, altri li conosco solo di vista”.

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L’amante di Pititto aiutava il suo uomo nei suoi loschi affari e gli forniva supporto logistico. Faceva ciò che lui le diceva di fare e la sua abitazione era usata da base per i trafficanti del cartello colombiano che arrivavano in Calabria per organizzare i loro traffici e che stazionavano qui per mesi, anche come garanzia per gli scambi: “[…] a casa mia dei colombiani ci sono stati il "Koronello", quello che negli atti viene chiamato "El Coronel ", dopo del "Koronel" - che ho ospitato per 15 o 20 giomi, anche se non ricordo con esattezza - c'è stato "John Peludo", che io ho ospitato per 8 o 9 mesi; oltre a loro, nel mese di agosto del 2015, a cavallo di ferragosto, è venuto anche "Jota Jota", il quale, a casa mia, è stato un paio di giorni e poi lo hanno portato via” e ancora sui traffici del suo amante: “[…] non so essere precisa sulle quantità di droga che volevano importare, cosa che loro chiamavano “lavoro”; Pititto Salvatore diceva sempre che voleva “lavorare” tanto. […] Pititto Salvatore quando si riferiva alla droga chiamava la cocaina la "bianca", la ''marijuana" "erba" o ''frasca" utilizzava anche il termine la "nera", ma forse si riferiva alla "eroina"; lui per evitare di essere intercettato, quando parlava con gli altri di droga, diceva “vengo a vedere le pecore”, ti porto il “formaggio” etc…”.

Pititto era, secondo l’amante, esperto di droga, tanto che ha affermato: “trattava la droga già da prima dell'arrivo del "Koronel", ma solo piccole quantità, poi ha iniziato a pensare di fare grossi traffici”, e nei suoi “affari” era implicata tutta la famiglia “i figli di Pititto Salvatore, Giuseppe e Gianluca, erano tutti e due coinvolti nei traffici di droga, così come la moglie, la quale, come me, ospitava il colombiano”.

Sui traffici lametini la collaboratrice ha affermato: “[…] spesso Pititto incontrava delle persone a Lamezia da "P." (nel parcheggio di un negozio nei pressi del centro commerciale, ndr), quando andavo anch'io, ma io restavo in macchina, poi lui rientrava in macchina e parlava del fatto che doveva portare droga o che gli dovevano dare dei soldi: quando andavo io con me non portava droga ma faceva solo incontri” e ancora: “[…] davanti a "P." a Lamezia era un punto di incontro con questi soggetti che venivano dalla zona ionica; in tutto io sarò andata con lui da "P." circa 5 volte; i soggetti con quali si incontrava potrei riconoscerli in fotografia”.

Pititto non agiva da solo e la Verman spiega: “[…] tra i soggetti che collaboravano con lui per l'acquisto della droga c’era Fiarè Filippo” mentre il diretto “capo” di Salvatore Pititto, era il cugino Pasquale, come racconta la collaboratrice: “sono a conoscenza, perché me lo diceva Pititto Salvatore che doveva andare a riferire dei fatti della droga anche al cugino Pititto Pasquale, soggetto che io non ho mai visto; sono a conoscenza anche del fatto che Pititto Pasquale era il capo famiglia di mafia, capo della famiglia Pititto; questa cosa me la disse Pititto Salvatore; loro si incontravano sempre dopo aver concordato di vedersi per messaggio, utilizzando toni amorevoli come indicato nel fermo; questa cosa io la sapevo prima di leggerla nel provvedimento che mi è stato notificato, dicendo "amore mi manchi", "amore ti penso", "passa a trovarmi" etc”.

I provvedimenti restrittivi eseguiti oggi, sono 68 gli indagati, rappresentano l’epilogo delle investigazioni condotte dai militari del Nucleo PT/Gico sez.GOA di Catanzaro nell’ambito dell’operazione “Stammer”, coordinata dal Procuratore Capo di Catanzaro, Nicola Gratteri, dal Procuratore Aggiunto Giovanni Bombardieri e dal Sostituto Procuratore Camillo Falvo.

C.S.

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