Cosenza - Questa mattina, in Calabria, Campania, Basilicata, e Lombardia, i Carabinieri del ROS e del Comando Provinciale di Cosenza, con la collaborazione dei Comandi dell’Arma territorialmente competenti, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Catanzaro, su richiesta della D.D.A., nei confronti di 58 persone indagate per associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, rapina, usura, illecita concorrenza con violenza e minaccia ed altri delitti. E’ stata eseguito, inoltre, un decreto di sequestro preventivo di beni mobili ed immobili per un valore complessivo di 7 milioni di euro.
Le indagini sono partite dall’omicidio Vassallo
I provvedimenti scaturiscono da un’indagine avviata dal Raggruppamento nel settembre 2014 successivamente all’omicidio del sindaco di Pollica (SA), Angelo Vassallo, ucciso in un agguato ad opera di ignoti il 5 settembre 2010, nella frazione di Acciaroli di quel comune. In quella fase venivano avviate indagini finalizzate ad accertare l’operatività nel Cilento e nel Vallo di Diano di articolazioni della cosca Muto di Cetraro attive nel settore del narcotraffico. L’attenzione veniva focalizzata sul conto di Vito Gallo da Sala Consilina, in storici rapporti criminali con Francesco e Luigi Muto da Cetraro, nonché con Pietro Valente, rappresentante della ‘ndrina di Scalea, federata agli stessi Muto. Da una parallela attività investigativa avviata dai Carabinieri della Compagnia di Scalea proprio sui traffici illeciti di cocaina, hashish e marijuana che il clan Muto gestiva sull’intera costa dell’alto tirreno cosentino, dove poteva contare su un fiorente mercato legato alla presenza di migliaia di turisti nelle note località estive di villeggiatura, Scalea, Diamante (CS) e Praia a Mare. Durante l’inverno il mercato della droga rimaneva comunque attivo poiché i clienti arrivavano anche dalla vicina Basilicata e le dismesse abitazioni estive venivano usate come depositi di stupefacente.
Sulla base dei preliminari elementi raccolti, attualizzata la dipendenza gerarchico-criminale di Vito Gallo dai Muto, nel marzo 2015, con il coordinamento della Direzione Nazionale Antimafia ed Antiterrorismo, la manovra investigativa convergeva sul Distretto catanzarese, al fine di aggredire il centro decisionale della cosca ‘ndranghetista. Vassallo denunciò, tra l'altro, un traffico di stupefacenti nel territorio di Pollica che poi si é scoperto era gestito proprio dai Muto.
Sgomitato il clan del “Re del pesce”
È stata così delineata l’operatività di un sodalizio mafioso che faceva capo a Francesco Muto, dedito principalmente ad attività di narcotraffico ed allo sfruttamento delle risorse del territorio di diretta influenza, attraverso una serie di attività fittiziamente intestate a prestanomi mediante le quali assumevano il controllo monopolistico di importanti settori commerciali, quali, ad esempio, il mercato ittico. Muto viene chiamato il “re del pesce”, essendo stato indagato e più volte condannato, fin dalla fine degli anni ’70, per aver avviato un vero e proprio controllo monopolistico dell’offerta e della domanda di pescato nell’alto tirrenico cosentino, tramite l’impresa individuale Eurofish di Andrea Orsino, 46 anni, (genero di Francesco Muto), già sottoposta a confisca nel 2006 ma ancora nella disponibilità dei Muto per la documentata connivenza degli amministratori giudiziari, attraverso la quale l’organizzazione si garantisce il monopolio dell’offerta di pescato, imponendo modalità, tempi e tipologia di prodotti ittici da immettere sul mercato, garantendosene l’esclusivo conferimento da parte delle flottiglie locali di pescatori. Sono inoltre emersi i rapporti con la grande e media distribuzione, nonché con i ristoratori ed albergatori della riviera settentrionale cosentina, ai quali i prodotti ittici venivano distribuiti e commercializzati in assenza di concorrenza. Il controllo ‘ndranghetistico nel settore viene ulteriormente assicurato dalla diretta gestione dei punti vendita al dettaglio, nonché dalle imposizioni estorsive agli imprenditori più “resistenti”. E’ stata portata alla luce, per esempio, una estorsione da parte di Vito Gallo e Pietro Valente, tra il 2013 e il 2014, ai danni di un imprenditore salernitano, titolare di più supermercati Conad nel comprensorio di Sala Consilina. Estorsione necessaria per assicurare ai Muto la gestione della pescheria interna al Centro Commerciale di Sant’Arsenio, nel salernitano, oggetto anche di un attentato dinamitardo lo stesso giorno della sua inaugurazione. Oltre a questo episodio ne è stato rilevato un altro: un’estorsione, risalente all’inverno 2015, da parte di Vito Gallo e Luigi Sarmiento, ai danni del titolare di un supermercato Conad di nuova apertura a Scalea, per acquisire la gestione della pescheria interna. Inoltre, si registrano l’apertura di varie rivendite di pesce da parte degli indagati i quali, intestando le stesse a congiunti e prestanome, si assicuravano una significativa fetta dell’offerta al dettaglio di prodotti ittici, eludendo le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione ed agevolando la consorteria di ‘ndrangheta di appartenenza.
Le mani sui servizi di lavanderia industriale e di sicurezza nei locali
I Muto si occupavano anche di servizi di lavanderia industriale, gestiti dall’indagato Antonio Mandaliti, 59 anni, elemento di vertice della cosca Muto, attraverso l’impresa individuale fittiziamente intestata alla moglie Maria Iacovo, che fornisce le proprie prestazioni ai numerosissimi alberghi, ristoranti, resorts e villaggi turistici nel territorio criminalmente controllato dal sodalizio, imponendo contestualmente l’approvvigionamento di prodotti ittici presso l’impresa dei Muto.
I servizi di vigilanza e sicurezza dei locali di intrattenimento sulla riviera settentrionale tirrenica, attraverso una serie di fidati imprenditori di settore che hanno assicurato al sodalizio “degli zingari” di Cosenza ed agli stessi Muto la ripartizione di tali attività, imponendo ai titolari di locali e discoteche il numero di buttafuori ed addetti, nonché il costo delle prestazioni di ciascuno di essi.
Gratteri: "Cosca antica che ha diversificato sue attività come una multinazionale"
"Pensiamo - ha detto il Procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri - di aver toccato i vertici della 'ndrangheta sul territorio dell'alto tirreno cosentino. E quindi, se la gente vuole, adesso può anche ribellarsi per evitare che i pescatori vengano vessati con ulteriori richieste estorsive". "I Muto - ha aggiunto Gratteri - rappresentano una cosca antica della 'ndrangheta, ma allo stesso tempo moderna". Un gruppo criminale, é stato riferito nel corso dell'incontro, tra i più violenti e pericolosi e che avrebbe monopolizzato, per oltre 30 anni, le risorse economiche del territorio curando al dettaglio la commercializzazione dei prodotti ittici e, in un'area tra l'altro a forte impatto turistico, i servizi di lavanderia industriale delle strutture alberghiere e della vigilanza nei locali d'intrattenimento della fascia tirrenica cosentina e del basso cilento.
"Una cosca antica - ha detto ancora il procuratore Gratteri - perché sotto l'aspetto giudiziario è riconosciuta da decenni come associazione mafiosa. Ma anche moderna perché ha diversificato le proprie attività criminose come una multinazionale". Dalle indagini è emerso, in particolare, che la cosca Muto gestiva tutto il pescato dell'alto tirreno e anche la distribuzione del prodotto nella rete commerciale. Il pm della Dda Vincenzo Luberto ha fatto specifico riferimento alla Conad, "che non si é assoggettata - ha detto - all'imposizione della gestione della pescheria all'interno del supermercato, subendo per questo motivo un attentato ad un punto vendita di Sant'Arsenio, nei pressi di Sala Consilina. I Muto hanno fatto del mare un latifondo per assicurare la soddisfazione economica di pochissimi". Tra gli indagati anche quattro curatori fallimentari, nei confronti dei quali la Dda ipotizza l'accusa di avere favorito gli interessi della cosca omettendo di denunciare le ingerenze nella gestione delle imprese dei Muto e avvisandoli di indagini in corso da parte della Dda di Catanzaro. Per i curatori fallimentari, però, il gip non ha concesso l'interdittiva. "A tale proposito - ha detto, a tale proposito, il procuratore aggiunto della Dda Giovanni Bombardieri - abbiamo già preparato il ricorso perché proprio i curatori fallimentari hanno avuto una condotta gravissima, consentendo, tra l'altro, ai Muto di mantenere la gestione di un bene confiscato".
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