Reggio Calabria - È in corso un'operazione, denominata “Araba fenice”, per l'esecuzione di 47 ordinanze di custodia cautelare nei confronti di imprenditori e professionisti affiliati alla 'ndrangheta. Ad esecuzione del provvedimento, il Comando provinciale di Reggio Calabria, lo Scico di Roma e la Guardia di finanza. I provvedimenti restrittivi in esecuzione sono stati emessi dal gip su richiesta della Dda di Reggio Calabria e riguardano Calabria, Piemonte, Veneto, Lombardia e Puglia. L'inchiesta che ha portato alle misure cautelari è stata coordinata dal Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho. In tutto le perquisizioni in corso sono 90 e riguardano altrettante persone indagate nell'inchiesta.
Sequestrati beni per 90 milioni
La Guardia di finanza, oltre ad eseguire le 47 ordinanze di custodia cautelare, ha anche sequestrato 14 società e beni per un valore di oltre 90 milioni di euro. Le società e i beni sequestrati appartengono agli imprenditori e ai professionisti arrestati, ai quali viene contestata l'associazione a delinquere di tipo mafioso e reati di trasferimento fraudolento di valori, abusiva attività finanziaria, utilizzo ed emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, favoreggiamento, peculato, corruzione, illecita concorrenza ed estorsione, tutti aggravati dalle modalità mafiose. “Le indagini - riferiscono gli investigatori - hanno accertato l’esistenza di un vero e proprio cartello criminale di tipo mafioso, operante nel territorio di Reggio Calabria, in grado di condizionare la realizzazione di complessi residenziali privati e di eseguire tutti i relativi e connessi lavori di completamento, con la conseguente, illecita percezione di profitti”.
“È un'operazione di grande significato - comunica il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho - perché colpisce le principali cosche reggine della 'ndrangheta nella loro presenza esponenziale attraverso la imprese che operano nell'edilizia residenziale e che si avvalgono di commercialisti ed accoliti per imporre a tutti nel territorio reggino in cui operano la realizzazione di opere edilizie solo con le imprese di loro pertinenza o ad essi riconducibili. L'operazione assume particolare significato perché va a colpire il livello superiore della 'ndrangheta, che delinea lo scenario di un'organizzazione criminale che si è sempre più mimetizzata nel mondo dell'economia e delle professioni e si impone a danno dell'economia legale”.
Tra gli arrestatati anche commercialista reggina
Francesca Marcello, era stata nominata dal Tribunale di Reggio Calabria amministratore giudiziario dei beni confiscati a un affiliato alla 'ndrangheta, Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, coinvolto nell'operazione. La commercialista ha svolto il proprio mandato, hanno riferito gli investigatori, in una posizione di sottomissione rispetto allo stesso Liuzzo. In particolare, Francesca Marcello, anche con la complicità di un impiegato di banca, Giulio Lugarà, posto agli arresti domiciliari, avrebbe consentito a Liuzzo, in merito alle operazioni sul conto corrente bancario della società Euroedil, già confiscata in passato, di continuare liberamente nella gestione della stessa società. Francesca Marcello, secondo l'accusa, come corrispettivo della sua condotta omissiva, avrebbe anche tratto vantaggi personali, come nel caso dei lavori che Liuzzo ha effettuato o fatto effettuare nella sua abitazione.
Coinvolti altri due commercialisti
Anche altri due commercialisti sono stati arrestati dai finanziari nell’ambito dell’operazione Araba fenice. Si tratta di C. Q., indicato dagli investigatori come “dottore e commendatore” e Francesco Creaco. Q., unitamente a Creaco, nell'ambito del suo rapporto professionale con Liuzzo, non si sarebbe limitato a svolgere la sua attività di consulente, hanno riferito gli investigatori, ma si poneva come vero e proprio consigliere del pregiudicato. Q., tra l'altro, avrebbe indotto Liuzzo a effettuare una rivisitazione della socità Euroedil in modo da evitare eventuali provvedimenti di sequestro. L'apporto di Q., hanno detto investigatori e inquirenti, è stato costante e decisivo, tanto da influenzare e plasmare le decisioni che Liuzzo ha assunto per mettere in pratica il suo disegno criminoso. Nel corso delle conversazioni intercettate il professionista reggino teneva aggiornato un altro degli arrestati, Natale Assumma, "factotum" e cognato di Liuzzo, sulle vicende societarie riguardanti le principali persone giuridiche appartenenti al cosiddetto Gruppo Liuzzo.
La vicenda
Una vera e propria spartizione a tavolino tra le cosche di tutti i lavori di edilizia effettuati a Reggio Calabria affinché ogni famiglia di 'ndrangheta beneficiasse della propria quota di sostanziose entrate economiche. È il quadro che emerge dall'inchiesta Araba fenice della Dda di Reggio. Le indagini hanno consentito di acquisire concreti elementi indiziari in ordine all'esistenza di una "cabina di regia" per l'accaparramento di importanti lavori edili tramite una serie di imprese, tutte legate direttamente o indirettamente, alle più note "famiglie di 'ndrangheta" della città. Dall'inchiesta è emerso, in particolare, uno stretto legame tra la famiglia di imprenditori edili reggini dei Calabrò ed un boss della 'ndrangheta, Rocco Musolino. Il legame avrebbe tratto origine dall'interesse manifestato dalla famiglia Calabrò ad edificare un imponente complesso edilizio su un terreno di proprietà di Musolino nel quartiere reggino di Ravagnese, territorio controllato dalla cosca Latella-Ficara. Il terreno era stato concesso da Musolino in permuta in cambio del 24% degli immobili realizzati. Per il buon esito dell'affare Giacomo Santo Calabrò e il figlio Antonino, titolari della società Edilsud, che figurano nell'elenco degli arrestati, si sarebbero serviti consapevolmente, per la fornitura di materiale oppure per l'esecuzione di lavori edili, di imprenditori risultati tutti legati alle varie cosche di Reggio Calabria.
Le persone coinvolte
Ventinove delle 47 persone arrestate dalla Guardia di finanza, nell'ambito dell'operazione ''Araba fenice'', in esecuzione delle ordinanze di custodia cautelare emesse dal gip distrettuale di Reggio Calabria, Domenico Santoro, sono state condotte in carcere. Si tratta di Francesco Ambrogio, Natale Assumma, Serena Assumma, Francesco Audino, Antonio Autolitano, Saverio Autolitano, Antonino Calabrò, Giacomo Santo Calabrò, Giovanni Ficara, Mario Giglio, Antonino Gozzi, Giuseppe Gozzi, Salvatore Laganà, Antonino Latella, Vincenzo Latella, Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, Antonino Lo Giudice, Giuseppe Mangiola, Francesca Marcello, Osvaldo Salvatore Massara, Francesco Giuseppe Masucci, Francesco Morello, Sebastiano Musarella, Antonino Nicolò, Antonino Pavone, C. Q., Salvatore Saraceno e gli omonimi Domenico Serraino, di 58 e 51 anni. Per le altre 18 persone coinvolte nell'operazione sono stati disposti gli arresti domiciliari. I provvedimenti, in questo caso, riguardano gli omonimi Antonino Autolitano, di 33 e 39 anni; Francesco Autolitano, Saverio Autolitano, Ilenia Cardia, Angelo Casciano, Francesco Creaco, Vincenzo Giovanni Fazia, Caterina Fontana, Silvana Latella, Giulio Lugarà, Teresa Masucci, Demetrio Nicolò, Fortunata Nicolò, Angela Saraceno, Giuseppa Vazzana, Francesco Chirico e Antonio D'Agostino. Nell'ambito dell'operazione, inoltre, sono stati sequestrati l'intero capitale, le quote ed il patrimonio aziendale delle società e ditte individuali Gieffe Costruzioni, Diamante, Ferro Liberty, Massara Osvaldo, Pavone Antonino, Edilsud, Serena Assumma, Fimpredil costruzioni, Edil Saf, Italsavia, Latedil, Impianti e Costruzioni, Ali Costruzioni e Naike.
REAZIONI
Bindi, presidente Commissione Antimafia, "esprimo soddisfazione e apprezzamento"
"Esprimo soddisfazione e apprezzamento per l'operazione della Dda di Reggio Calabria e della Guardia di Finanza che oggi hanno messo a segno un duro colpo contro le cosche reggine della 'Ndrangheta. Un importante successo di contrasto delle attività criminali nella regione e non solo. L'indagine ha messo a nudo la pervasività e pericolosità economica e sociale della 'Ndragheta e le connessioni inquietanti con il mondo delle professioni e dei cosiddetti colletti bianchi". Così Rosy Bindi, Presidente della Commissione Antimafia. "Questa pervasività dimostra quanto sia estesa la capacità di condizionamento e alterazione delle regole che penalizza lo sviluppo dell'economia legale e la crescita della regione e quanto ancora sia grande il lavoro di vigilanza e prevenzione che va sviluppato a monte della preziosa attività degli inquirenti e delle forze dell'ordine", conclude.
Roberti procuratore nazionale antimafia, "forte attenzione appalti privati"
"In questi anni si è fatto tanto per contrastare le infiltrazioni mafiose negli appalti pubblici e forse questo ha spinto le mafie ad indirizzare i loro interessi sugli appalti privati, un settore su cui certamente è più difficile indagare''. Lo ha ha detto il Procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti. ''E' chiaro, e l'operazione di oggi lo conferma che continueremo a lavorare per fare chiarezza ed accertare tutte le responsabilità nei rapporti occulti tra imprese 'legali' e gruppi mafiosi, ma occorre comunque un intervento di altri livelli di controllo affinchè non si creino altre situazioni come quella che è emersa dagli arresti di stamattina''.
De Raho Procuratore della Repubblica Reggio Calabria, "operazione ha fatto emergere ruolo 'ndrangheta reggina "
Secondo il Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria, Federico Cafiero de Raho, che ha coordinato le indagini insieme al pm della Dda Giuseppe Lombardo, l'operazione della Guardia di finanza ''fa emergere in tutta la sua evidenza il ruolo della 'zona grigia' negli affari della 'ndrangheta reggina. Ed è ulteriormente significativa perché colpisce quella parte di professionisti che con il loro operato rendono la vita difficile agli onesti di questa città. A Reggio è necessario proseguire incessantemente nell'opera di contrasto delle strutture operative-militari della ndrangheta, fino a comprenderne i rapporti con la pubblica amministrazione''. ''Un aspetto inquietante di quest'inchiesta è il ruolo dei commercialisti Francesca Marcello e C. Q., che con il loro comportamento hanno permesso al pregiudicato Giuseppe Liuzzo di continuare a gestire, nei fatti, la sua attività imprenditoriale''.
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