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Quando ho letto nella mail Essere Umano, appunto l’indicazione del titolo per la XV edizione del Festival della Complessità, mi sono ricordato di Lezioni da un secolo di vita, di Edgar Morin, pubblicato due anni fa da Mimesis. Già nella seconda di copertina compaiono i due termini: “Il filosofo e sociologo francese ha condiviso con gli altri esseri umani peregrinazioni e speranze crisi e turbamenti di una fase storica senza precedenti”. I due termini diventano incipit del libro, un racconto della vita esistenziale dello studioso parigino, strettamente collegata al suo pensiero e alla sua opera: “Chi sono io? Rispondo: sono un essere umano. È il mio sostantivo. Ma ho molti aggettivi: (…) sono francese di origine ebraico sefardita [discendente dagli ebrei che abitavano la penisola iberica fino al XV secolo], ampiamente mediterraneo, europeo culturale, cittadino del mondo, figlio della Terra Patria. (…) Ciascuno ha un’identità complessa, cioè nello stesso tempo una e plurale”. Cita Montaigne, filosofo e politico francese:<<Riconosco in ogni uomo un mio compatriota>>. In Terra Patria, libro pubblicato nel 1993, Morin prende coscienza della mondializzazione tecno-economica che aveva formato una comunità di destino. In tale comunità mondiale dovrà nascere e affermarsi l’umanesimo rigenerato che riconosca la complessità umana e la pienezza dei diritti. L’umanista attinge dall’etica della solidarietà e responsabilità. Da umano ad umanesimo rigenerato; è anche il sentimento di sentirsi all’interno dell’avventura umana, <<ignota e incredibile>>, sperando che essa continui verso la metamorfosi <<da cui nascerebbe un nuovo divenire>>. Ma nel sesto capitolo Morin parla dell’essere disumano: “le scienze non conoscono alcuna barriera etica. (…) Gli Stati si impadroniscono dei poteri dell’arma nucleare, divenuta una spada di Damocle per l’Umanità. Il profitto si impadronisce della genetica, trasformando i ricercatori in businessmen, mentre la ricerca è monopolizzata dalle multinazionali farmaceutiche che si dedicano a produrre farmaci redditizi, a scapito dei farmaci non redditizi” (p.114). E cita Rabelais scrittore umanista, medico e frate francescano: << Scienza senza coscienza non è che la rovina dell’anima>> (ibidem). Sottolinea poi “il, dominio universale del profitto, della crisi universale delle democrazie. (…) La formazione in tutto il mondo, compresa l’Europa di regimi autoritari con una facciata parlamentare, in modo particolare il neo-totalitarismo della Cina, fondato sulle sorveglianze elettroniche” (p.115). A proposito del disumano Morin evidenzia le due guerre disastrose, in Medio Oriente e tra Russia e Ucraina, e i conflitti minori, circa 48. È l’Homo Demens che si dilania: “Sono tutte le follie politiche, sociali, belliche, tanto individuali che avevo constatato prima della guerra, durante la guerra e durante la Guerra fredda, che mi hanno incitato ad associare in modo nello stesso tempo antagonista e indissolubile Homo Demens [folle, delirante) ad Homo sapiens [ragionevole, saggio]” (p.77). Nel definire tale associazione dei contrari fa riferimento a Pascal, Hegel ed Eraclito. Citazione per il filosofo dell’antica Grecia, assertore del logos, ovvero della razionalità della natura che vive rispecchiata dalla mente umana: “Concordia e discordia sono padre e madre di tutte le cose”. C’è un continuo ritorno alla barbarie come dimostrano le guerre di ieri e di oggi. La crisi mondiale che stiamo drammaticamente vivendo, attraverso l’acquisizione del pensiero complesso, ci rende coscienti della complessità della nostra vita, umana, sociale, politica. Umano e Disumano sono nella storia e si contraddistinguono <<nella relazione indissolubile Tra Eros, Polemos e Thanatos>>. Sembra che Thanatos possa essere il vincitore; ma <<qualunque cosa accada, la nostra vita può avere senso prendendo le parti di Eros>>.